Adesso Conte minaccia Il Tempo
L'attacco del premier dopo l'articolo sulle società e le tasse non pagate dal suocero. Annuncia che querelerà quando non sarà più a Palazzo Chigi ma in questo modo prova a intimidirci e critica i magistrati
Ieri mattina mi è arrivato dal portavoce di Giuseppe Conte questo messaggio: «Il Presidente ha chiarito sin dall'inizio del suo mandato che non agirà mai contro la stampa approfittando della sua veste di Presidente del Consiglio. Ha rinunciato a iniziative di tutela giudiziaria sin quando sarà Presidente, perché non vuole approfittare di una eventuale asimmetria di posizioni. Ma quell'articolo e in particolare il titolo è gravemente diffamatorio. Quando terminerà l'incarico questa causa per diffamazione sarà la prima che farà». Per approfondire leggi anche: IL SUOCERO DI CONTE EVASORE DEL POPOLO Il premier ce l'aveva con "Il Tempo" che ieri ha pubblicato - a mia firma - una inchiesta sui bilanci delle società di cui è azionista anche la fidanzata di Conte, Olivia Paladino, e di cui è amministratore il papà, Cesare. Da quei documenti si rilevava che gran parte di quelle immobiliari- una delle quali controlla l'hotel Plaza di Roma- da anni non versavano al fisco, all'Inps e agli enti locali il dovuto, sostenendo di non poterlo fare per mancanza di liquidità. Quando le cose si stavano mettendo davvero male, è arrivato un aiuto legislativo decisivo: quello del decreto fiscale emanato nell'ottobre 2018 a prima firma dello stesso presidente del Consiglio, Conte, che conteneva la cosiddetta «rottamazione ter» delle cartelle esattoriali, ribattezzata «pace fiscale» da quel governo. Abbiamo raccontato la storia di quel gruppo imprenditoriale, citando fra virgolette non opinioni nostre, ma le relazioni del revisore dei conti di ogni società allegate ai bilanci regolarmente depositati in Camera di commercio. Lo stesso revisore avvertiva Cesare Paladino dei rischi penali a cui sarebbe andato incontro pur aderendo alla rottamazione ter, perché le cifre evase (decine di milioni di euro) superavano ampiamente le soglie di punibilità. D'altra parte il papà della fidanzata del premier era già finito nelle maglie della magistratura penale per avere evaso circa 2 milioni di euro di tassa di soggiorno che l'Hotel Plaza aveva riscosso ma non girato come doveva alle casse del comune di Roma, e proprio il mese scorso aveva patteggiato una condanna di poco superiore a 1 anno e due mesi. L'inchiesta è stata così titolata in prima pagina: «L'evasore del popolo - Non solo l'hotel Plaza: il suocero del premier Conte da anni non pagava le tasse...». Come ho chiarito subito al messaggio ricevuto dal portavoce di Conte, la libertà di stampa ha sempre un contrappeso nella legge, che offre il diritto di replica e se uno si ritiene offeso anche il diritto di querelare per diffamazione. Ce l'ha qualsiasi cittadino, perché non dovrebbe averlo il presidente del Consiglio? Personalmente non vedo i margini per una querela del premier su quanto scritto, essendo pura cronaca dei fatti tratta da documenti che ovviamente produrrei in qualsiasi giudizio. Ma se lui ritiene diversamente (sono di parte, essendo il possibile querelato), ha diritto a presentarla. Questo non toglie nulla alla libertà di nessuno dei due. Il messaggio che mi è arrivato al contrario minaccia seriamente "Il Tempo" e la libertà di stampa. E secondo me offende pure la categoria dei magistrati. Sostenere come fa il premier che ci sarebbe asimmetria nel giudizio se procedesse ora, sarebbe come dire che un tribunale di Roma (davanti a cui il procedimento sarebbe incardinato per competenza territoriale) sarebbe condizionato dal potere del premier. A me hanno insegnato che i magistrati applicano la legge e sono indipendenti, non prendono la parte del più potente e quindi non ho alcun timore nel sottopormi al loro giudizio sulla correttezza professionale utilizzata nel caso di cui si duole il presidente del Consiglio. Dire invece come è stato fatto: «appena smetto di essere premier sarete i primi verso cui farò causa per diffamazione» significa invece mettere in ostaggio un giornalista e una testata per non so quanti mesi o anni (il tempo che durerà l'attuale incarico di Conte). Al di là di chi vi scrive che ha la pellaccia dura e in tanti anni di professione ha trovato tanti premier, ministri, industriali, finanzieri e potenti vari furiosi per un articolo scritto, questo vezzo del «vi querelerò» vorrebbe essere scelta di stile, e invece con assai poca eleganza ha l'aspetto tenebroso di una minaccia alla libertà di scrivere su questa testata da domani in avanti sulle attività del premier e del suo governo. È come dire ogni giorno: «attenti, che ho quella querela in canna», e questo un uomo di potere non lo deve fare semplicemente perché ne abuserebbe oltre ogni accettabile misura. Mi quereli oggi, presidente, e liberi "Il Tempo" da questa scure sulla testa. Sono qui.