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Matteo Salvini sotto inchiesta per i voli di Stato. Pronti per un altro flop?

Matteo Salvini indagato per presunto utilizzo improprio di voli di Stato

Pietro De Leo
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Chiamiamola, se vogliamo, Sindrome Novantadue. Quella particolare malattia italiana che vede l'inversione dei ruoli nel campo dei poteri, con la magistratura farsi attore politico e la politica, o meglio parte di essa, che prende le azioni della magistratura e le rende arma impropria. E' accaduto ieri, di nuovo. Per l'ennesima volta. Matteo Salvini indagato per presunto utilizzo improprio di voli di Stato. Una vicenda che, sul piano contabile, la Corte dei Conti aveva già archiviato. Ma ora nel mirino c'è l'eventuale lato penale della vicenda e la giostra ricomincia. Guarda caso proprio all'indomani di una giornata in cui quel governo formato dal Movimento 5 Stelle, interpreti del manettarismo contemporaneo, e dal Pd, oramai monopolizzato dagli eredi di quei Ds monopolisti del giustizialismo della seconda Repubblica, aveva vissuto una brutta prova parlamentare, tra impacci politici e qualche defezione numerica. Non c'è bisogno di scomodare la famosa massima di Andreotti sul fatto che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca per comprendere come questa fase politica riproponga i fantasmi del passato. E così chiunque disturba quei manovratori per tradizione non critici all'interventismo delle toghe finisce bastonato. È accaduto, all'interno della compagine governativa, a Renzi. Accade, all'esterno, a Salvini. Nel caso del leader della Lega, peraltro, ripetutamente nell'esercizio della propria funzione politica di ministro dell'Interno nell'esecutivo precedente. E stavolta per una fattispecie assai gettonata negli ultimi lustri. L'aeroplaneide, infatti, è un ampio capitolo del racconto della politica recente, quando il tema della casta ha cominciato a farsi largo nell'immaginario collettivo. Prima, non ci si faceva granché caso se non nell'aspetto di colore. Ad esempio quando, nell'86, Bettino Presidente del Consiglio si recò in Cina con una delegazione assai nutrita e Andreotti Ministro degli Esteri lo sfotté con una battuta, sceso sulla pista dell'aeroporto di Pechino: «Sono qui con Craxi e i suoi cari». Nella nuova Italia nata da Mani Pulite, dove la morale della colpa ha soppiantato la ricerca della giustizia, la priorità è dare alle tante tricoteuses sparse nell'opinione pubblica, nei partiti e nella stampa qualcuno sulla cui testa far scattare la ghigliottina. Ogni motivo può esser valido. Anche questa storia dei voli di Stato. E così ecco che, negli anni, sono finiti nel mirino in tanti. Da Clemente Mastella a Francesco Rutelli, da Silvio Berlusconi a Roberta Pinotti ed Angelino Alfano. Inchieste aperte nel pubblico ludibrio, per poi essere archiviate. Adesso tocca Salvini. E ovviamente ieri subito Luigi Di Maio ha preso a pretesto la questione per buttarla in caciara, additando il leader della Lega per l'inchiesta come reazione al fatto che un Senatore pentastellato ha aderito al partito di Via Bellerio. Faceva così anche il centrosinistra di un tempo, che nel rifiuto di comprendere le ragioni dei propri guasti si rifugiava in una più comoda lapidazione del Grande Avversario Indagato. E pazienza se poi le archiviazioni o le assoluzioni davano la misura dell'accanimento giudiziario. Non ha portato bene, tutto questo. Alla democrazia innanzitutto.

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