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Il veleno di D'Alema sul patto Renzi-Salvini

La missione di un libro riesce quando crea un ponte tra passato e futuro. E dunque, secondo questo principio, riuscitissima è quella dell'ultima fatica di Bruno Vespa, "Perché l'Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare)", Rai Libri- Mondadori. Il ciclo di presentazioni, come ogni anno, si trasforma in una tacca in più sull'agenda politica nell'Italia che cambia. E la tappa di ieri sera non è stata da meno, alla Link Campus University di Roma. Un parterre d'eccellenza con gli ex ministri degli Esteri Massimo D'Alema e Franco Frattini, e con Monsignor Rino Fisichella. A moderare, il giornalista Piero Schiavazzi. Si apre con il Presidente dell'Ateneo, Vincenzo Scotti, già nome di primissimo piano della Dc per cui fu ministro della giustizia, il quale ricorda la centralità nello studio della storia. Messaggio che pare rivolto anche agli studenti presenti numerosi. Poi si passa al tavolo dei relatori, che sembrano aver seguito il filo comune impostato dal titolo del libro, ossia il paragone tra l'esperienza fascista e l'evocazione contemporanea, ripetuta sino allo sfinimento, della minaccia fascista. Il fascismo, insomma, può tornare? No, dice D'Alema. Però «sono pericolose le manifestazioni di certa nuova destra. Quando un ministro dell'Interno mette un intero Paese in tensione per ogni singolo sbarco, si crea una percezione, la percezione che il Paese era invaso e questa percezione ha creato una psicosi per gli episodi di violenza e intolleranza».  Per approfondire leggi anche: Bruno Vespa racconta la nascita del regime fascista D'Alema, però, riconosce che il sovranismo «raccoglie un'esigenza reale» che viene specialmente dalle fasce più deboli della popolazione. In chiusura, parla delle dinamiche politiche attuali. E punge con una battuta una sorta di profezia che Vespa scrive nel libro, ossia di un governo Salvini-Renzi: «Penso sia una provocazione, uno scongiuro: sarebbe il peggior governo che l'Italia abbia mai avuto». Quanto all'attuale compagine, ricorda come lui sia stato un promotore dell'accordo tra Pd e 5 Stelle dopo le elezioni politiche dello scorso anno: «In quel caso non ci sarebbe stata, come invece c'è oggi, la sensazione diffusa di un "governo contro". Ma io oggi mi limito a dare quelli che credo siano dei buoni consigli, che la gran parte delle volte non vengono ascoltati». La parola passa poi a Monsignor Rino Fisichella, che prende spunto dal rapporto Censis secondo cui il 48% degli italiani auspicherebbero «l'uomo forte». Spiega: «Io sono alla ricerca non dell'uomo forte, ma del pensiero forte», dice stigmatizzando il linguaggio attuale che pervade la politica: «Non ci si può accontentare delle battute di corto respiro», e poi, prendendo spunto dalle terminologie attuali del confronto politico, dice: «Si sente molto parlare di identità. Ecco, in passato l'attività politica era un concetto legato a partiti politici che avevano una storia. Il passaggio alla vita politica era un percorso complesso, non improvvisazione». Quanto al tema del libro, «il fascismo non può tornare – spiega - se c'è un parlamento forte, se le istituzioni collaborano». Nel panel era presente anche Franco Frattini, che dunque si riaffaccia ad un'iniziativa dove si affrontano temi strettamente collegati alla pratica politica, di cui fu protagonista da Ministro degli Esteri e Commissario in Europa. Tocca un tema di questi giorni, per sottolineare la discrasia tra intendimenti dichiarati e realtà dei fatti: «Sul Mes - spiega - assisto ad un dibattito surreale. Chi ha gestito queste cose sa che non è negoziabile, cioè se ne discute prima, poi si accetta o non si accetta ma non è che si dice "poi vediamo", "valutiamo", "clausola per clausola"». Andando ad analizzare, poi, il contesto della prassi politica, sottolinea i rischi che può portare un utilizzo smodato della rete come mezzo di comunicazione non mediato, e smonta il mito delle «risposte rapide». Spiega: «Oggi si tende a voler dare le risposte in maniera molto veloce. Ma spesso dare una risposta implica un cammino approfondito e strutturato. L'effetto collaterale di questo sono, per esempio, decreti legge veri e propri "pezzi di carta" pieni di lacune che poi bisogna ricorreggere in Parlamento». E aggiunge: «Se non torna l'idea che problemi complessi non possono avere risposte semplici e immediate, se si salta il ruolo delle istituzioni, se non si riscopre il merito e non si chiude con la fase dell'improvvisazione, non tornerà il regime, ma di certo aumenterà la disperazione che porta soltanto guai». Frattini, dunque, insiste sulla necessità di trovare un equilibrio tra necessità politiche e l'ascolto dei «dimenticati». E racconta: «Quando Hillary Clinton definì "deplorable", miserabili, gli elettori di Trump lì fu il punto di svolta in negativo della sua campagna elettorale». È il turno, poi, di Bruno Vespa. «Non credo che quel 48% che spera nell'"uomo forte" auspichi il ritorno della Buonanima», dice riferendosi a Benito Mussolini. «Piuttosto credo che il tema sia la richiesta di un governo forte, un governo in grado di assumere delle decisioni. Cosa che non vede dalla seconda Repubblica. Anche i governi di Berlusconi, che pure partivano da una coalizione compatta, poi si sono rivelati deboli per le divisioni interne». Una puntura di spillo, poi, va alla classe politica attuale. «Nella Prima Repubblica – spiega - c'erano più stile e preparazione». E fornisce un assist in chiusura a Scotti, che spiega come «oggi scuole e università stiano formando magari specialisti, ma non uomini in grado di guidare uomini». Così dunque, si conclude una riflessione di due ore sul quadro della società e della politica. Un evento cui sono accorsi anche altri volti noti della politica. Da Michaela Biancofiore (che, ironia della sorte, ha parlato più volte dell'ipotesi del governo Salvini-Renzi) a Gianfranco Rotondi e l'ex ministro dell'Economia Giovanni Tria seduto in prima fila. C'era anche Domenico Giani, l'ex capo della Gendarmeria Vaticana, che non si vedeva più dallo scorso 14 ottobre, quando diede le dimissioni per la fuga di notizie sulla sospensione di cinque addetti vaticani. Presenti anche molti docenti della Link, tra cui Nicola Ferrigni, autore di uno studio sul reddito di cittadinanza.

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