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Alba Parietti: all'Italia per Natale regalerei l'umanità

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L'attrice critica i social: "Servono ai politici per parlare alla pancia"

Massimiliano Lenzi
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«Oggi va molto di moda il vaffa, ma io lo trovo brutto e mi dispiace anche leggerlo. Io non sopporto l'ignoranza, la cattiveria gratuita ed apprezzo molto chi conserva un'educazione, chi sa ringraziare e mantiene il rispetto del valore delle persone. Quella di oggi è una società dove tutti sono dei numeri, dove si dà tutto per scontato, che tende a far sentire chiunque sostituibile mentre io credo all'unicità dei rapporti. Le grandi persone, quelle che io considero tali, sono quelle che nel corso della loro vita sono riuscite a costruire rapporti individuali molto forti e molto potenti». A parlare in questa intervista a Il Tempo è Alba Parietti, conduttrice, attrice, opinionista, showgirl e oggi anche scrittrice di un romanzo, «Da qui non se ne va nessuno» (Baldini+Castoldi) che è anche un'autobiografia. Parietti, cosa non le piace dell'oggi? «È un momento dove la gente è molto sola e questo si avverte anche dai social. Oggi la gente si istruisce sui social, il che non è del tutto male per certi versi, perché se utilizzati con intelligenza sono anche un modo di costruirsi una cultura generale. Però...». Però? «Siamo sempre lì. Serve sotto una cultura di base che ti permetta di andare a cercare gli approfondimenti su internet e sui social. Se invece hai una totale ignoranza, allora sui social lo diventi ancora di più perché ti senti spalleggiato verso il peggio». Cosa pensa dell'innamoramento dei politici, non solo italiani, per i social? «Hanno capito che si può far leva sui sentimenti più bassi attraverso i social, è incredibile quello che può scaturire dalla rete. La destra ha saputo fare un enorme lavoro, di pancia, grazie ai social. Guardi, uno dei film che mi ha sconvolto di più in questi ultimi tempi è "Joker" perché fa capire quanta disperazione, quanta frustrazione, quanta voglia di ribellione, fine a se stessa, senza speranza, ci sia in giro tra la gente». C'è un Joker oggi nella politica italiana? «No, francamente non lo vedo. Joker è un personaggio che viene da una disperazione profonda. Di sicuro però il giorno dopo l'avvento di un ipotetico Joker in Italia troveremmo subito politici e giornalisti disposti a tirarlo dalla loro ed a strumentalizzarlo per i propri fini propagandistici». C'è qualcosa che, tornando indietro, non rifarebbe? «Ci sono cose che farei e che non ho fatto: dedicare più tempo ai miei genitori, perché lì ad un certo punto capisci che non hai più tempo. Studiare meglio le lingue. E sicuramente avere altri figli». C'è un politico in Italia che le piace? «Io ho un grande rispetto di Emma Bonino e delle battaglie cha fa. Ho molto rispetto delle donne in politica perché fanno molta fatica». Ha mai pensato di candidarsi o di scendere in politica? «Tantissimi anni fa mi era venuta la malsana idea. Per me la politica è una cosa tremendamente seria e non potrei mai farla diversamente. Posso giocare a volte con il mio lavoro, permettermi di fare un programma più o meno serio perché tutti noi abbiamo diritto a momenti più o meno ludici. Ma se fai il politico secondo me lo devi fare seriamente. Sarei una delle poche a farlo sul serio. E comunque se facessi politica mi concentrerei troppo, finendo con il non avere più tempo per combinare altro». Magari si divertirebbe? «Guardi, siccome ho molta paura di annoiarmi temo che in politica mi annoierei molto». Veniamo al suo romanzo, «Da qui non se ne va nessuno»: perché scrivere? «"Da qui non se ne va nessuno" parla delle persone che non ci sono più, che sono morte ma che ci lasciano la forza del loro pensiero, qualcosa di molto potente. Un'energia, che poi è la forza delle loro idee». Alla fine del libro ha ringraziato una marea di gente, perché? «A me piace dire grazie. Fa parte della mia educazione, del mio essere torinese. Fa parte del fatto di pensare che nulla, neppure l'amicizia, deve essere mai dato per scontato». Il passato era migliore del presente? «In realtà se uno ben ci pensa, certe figure del passato erano sicuramente migliori. Noi siamo un po' nell'ultima generazione della fattoria degli animali, quella un po' inerme, un po' ignorante, un po' incapace di distinguere, quella dei somari insomma, neanche più quella dei maiali. Però devo dirle che se uno ripensa al passato, due guerre mondiali, la deportazione, la shoah, il fascismo, sono stati momenti tragici, atroci. Il punto è che oggi non ci rendiamo conto che tutto quello che è stato può anche riaccadere. La verità è che l'umanità, al di là delle epoche, è sempre molto varia. Ti lascia molto solo ma allo stesso tempo, inaspettatamente, qualcuno ti tende anche una mano». Cosa augura all'Italia per questo Natale 2019? «Di ritrovare l'umanità, di ritrovare la capacità di giudizio. E di mettersi nei panni degli altri. Questa semplificazione per cui invece di approfondire i veri problemi, si prende sempre come spunto e come alibi il più debole è veramente bassa come aspirazione. Non mi piace. Quando le donne grandi troveranno belle le donne giovani e saranno contente per loro, quando si sarà felici nel vedere un giovane di colore (o magari una donna) salire in un ruolo di potere, allora staremo tutti meglio».

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