vecchi rancori
Matteo Salvini, vendetta al Senato. Così mette all'angolo Giuseppe Conte
La vendetta si consuma al Senato. La faccenda del Mes è l'occasione che Matteo Salvini cercava per levarsi i sassolini dalle scarpe, per un attacco diretto a Giuseppe Conte. Per non essere un secondo round in piena regola, dopo quel 20 agosto, in cui il 'suo' allora premier, gli fece la lezione, è mancato solo il fatto di essere seduti, come allora, uno accanto all'altro. Ma la rivincita Salvini non se l'è fatta scappare. Ha avvicinato le distanze, argomentando come se in Aula fossero solo loro due: l'ex vicepremier e il bis presidente del Consiglio, che arrivò a dirgli di essere uno che "ha invocato le piazze e chiesto poteri" uno "la cui concezione preoccupa". "Matteo, non hai dimostrato cultura delle regole", gli disse ancora. Per poi invitarlo a evitare "di accostare slogan politici a simboli religiosi" e di chiarire sul caso Moscopoli. Il tutto in diretta tv, mentre l'allora ministro dell'Interno scuoteva la testa, come se fosse un alunno birichino. Poi Conte, la stessa sera, si dimise da Mattarella, mentre Salvini pregustava il voto. Ora il Capitano, lo ritrova in Senato, premier con il Pd a sostenerlo. "Eccolo, è seduto lì, ecco chi è che mette a rischio i risparmi degli italiani", spara Salvini che indossa i panni della pubblica accusa e interviene attaccando a testa bassa contro il premier Giuseppe Conte. E ancora un fragoroso: "Si vergogni", che dice rabbioso verso il presidente del Consiglio, avendo però poco prima citato Confucio per dargli dell'arrogante. "Qualcuno - dice Salvini oggi - non la racconta giusta, a occhio sono quelli che non ti guardano in faccia, sono quelli che vanno dagli operai a dirgli che non hanno soluzioni". Mentre parla in Aula, dal suo staff si insinuano dubbi anche sulla carriera universitaria di Conte. Salvini tira fuori nuovi possibili conflitti di interesse per il professor Conte. Per Salvini, Conte è ormai rimasto solo. E comunque la strategia del leader leghista è quella di farlo sentire abbandonato anche dai suoi. Al leader del Carroccio non deve essere sfuggito il gelo alla Camera tra il premier e Luigi Di Maio, con cui non c'è neanche un saluto. E così, per gettare sale sulle ferite, più volte chiede agli ex alleati 5Stelle di mantenere il punto sul Mes, ("voi dite che 'il trattato va rinegoziato', 'sono necessarie delle modifiche', io condivido le vostre richieste, ma sui banchi del governo, lì c'è qualcuno che mente"). Per poi tornare a rivolgersi a Conte. "Se fossi in lei mi preoccuperei, perché mentre lei parlava in Aula mancavano 60 parlamentari della sua maggioranza - dice beffardo - . Guardi la fiducia che hanno in lei, ditemi se è normale", dice additando i banchi della maggioranza a Palazzo Madama, applaudito dai suoi. "Il tempo è galantuomo e le bugie hanno le gambe corte. Rispetto a questo agosto la vedo più nervoso e preoccupato e la capisco...".