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Fondazione Open, scoppia il giallo della lista segreta
Sgombrare il campo da illazioni ritenute false sull’inchiesta della procura di Firenze sulla fondazione Open, che dal 2012 al 2018, anno in cui è stata sciolta, ha sostenuto le iniziative politiche di Matteo Renzi. È questo lo scopo della nota diramata dall’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della fondazione, che risulta indagato nell’inchiesta insieme ad altre quattro persone tra cui l’imprenditore Marco Carrai. Gli altri tre indagati, con accuse a vario titolo di riciclaggio e autoriciclaggio, sono l’imprenditore fiorentino Patrizio Donnini e la moglie Lilian Mammoliti (una delle organizzatrici delle convention della Leopolda) e il manager della società Renexia (gruppo Toto) Lino Bergonzi. Per approfondire leggi anche: FONDAZIONE OPEN, SPUNTANO I FINANZIATORI Bianchi, per il quale le ipotesi di reato formulate dalla procura sono traffico d’influenze e finanziamento illecito ai partiti - quest’ultimo reato viene contestato anche a Carrai - era stato perquisito dagli investigatori della guardia di finanza anche a metà settembre. Nel suo studio, sia nel corso della prima perquisizione che in quella del 26 novembre, sono stati sequestrati documenti e supporti informatici, che contenevano anche l’elenco dei finanziatori della fondazione. L’ex presidente di Open, però, smentisce categoricamente l’esistenza di un archivio segreto dei finanziatori: «Tutti i contributi sono stati effettuati su un unico conto corrente bancario, intestato ad Open, ne era conoscibile e tracciata la provenienza, la data e l’importo», scrive Bianchi. Che poi aggiunge: «Non esistono elenchi con nomi diversi da quelli che hanno fatto bonifici bancari, non esistono carte di credito intestate a parlamentari». Su quest’ultimo punto, al centro di altre indiscrezioni di stampa, l’ex presidente di Open puntualizza: «Carte di credito e bancomat erano intestati alla Fondazione e a disposizione di controllati soggetti, tra cui un parlamentare, che in oltre sei anni non ha mai usato la carta di credito e ha usato il bancomat per piccole spese». Bianchi afferma anche che «è completamente falso, inoltre, che Open mi abbia restituito contributi che avevo versato a titolo di donazione, come dimostrerò documentalmente al momento opportuno», e che «è completamente falso che io sia ad oggi indagato per riciclaggio o autoriciclaggio». Intanto, i pm che conducono l’indagine, Luca Turco e Antonino Nastasi, con il coordinamento del procuratore capo Giuseppe Creazzo, sono al lavoro per vagliare il materiale acquisito nelle oltre 30 perquisizioni effettuate il 26 novembre presso abitazioni e uffici dei finanziatori che avevano versato nelle casse della fondazione importi superiori a 50mila euro. Nessuno dei finanziatori perquisiti risulta indagato, così come non è indagato il commercialista, il cui studio a Firenze è stato perquisito perché, da quanto si apprende, vi troverebbero sede legale ben cinque società, di diritto italiano, che sarebbero collegate a Marco Carrai. Inoltre, risulterebbe che alcuni soci delle compagini che hanno sede presso lo studio del commercialista perquisito sarebbero anche soci di una società in Lussemburgo riconducibile allo stesso Carrai, e sulla quale si starebbe concentrando l’attenzione degli inquirenti