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Zitti zitti, aumentano pure l'Imu

Sorpresa in arrivo per i proprietari di case

Filippo Caleri
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Sorpresa dell'ultima ora nella Manovra che è arrivata in Senato. C'è un rischio, che dipenderà dai Comuni e dunque dalla loro libertà impositiva, che l'Imu (la tassa sulla proprietà immobiliare) possa salire. Non c'è nessuna nuova imposta chiaramente ma, l'unificazione dell'Imu e della Tasi, cela, in fieri, un rialzo della tassazione. La possibilità è adombrata in un passaggio della Relazione tecnica che accompagna il testo ed è legata al fatto che con l'unificazione delle due imposte torna in capo al proprietario anche la parte di Tasi riservata dalla legge all'affittuario. Che dal 2015 era stato esentato dal pagamento del tributo. Ora l'agevolazione, con la soppressione della Tasi non c'è più e la quota potrebbe ricascare sul proprietario. Solo un'ipotesi perché, come detto, tutto dipenderà da come si comporteranno i Comuni e soprattutto non ci sarà nessun rincaro in quelli nei quali l'aliquota Imu è già al livello massimo, cioè l'11,2 per mille del valore catastale. La relazione spiega in linguaggio più burocratico lo stesso concetto così:«Nell'ipotesi plausibile che i Comuni tramuteranno l'attuale gettito Tasi in gettito Imu, secondo quanto più avanti indicato, si avrà un parziale spostamento dell'obbligo tributario dal detentore al possessore nei limiti dell'attuale quota di gettito Tasi gravante sul detentore. Si rileva inoltre che l'applicazione del presupposto impositivo in esame fa venir meno gli effetti della misura prevista dall'articolo l, comma 14, lett. d) in materia di Tasi dovuta dagli inquilini che detengono l'immobile a titolo di abitazione principale, con un conseguente maggior gettito per i Comuni». A prescindere dalla difficile comprensione della frase va rilevato che se c'è un gettito maggiore c'è sicuramente qualcuno tra i proprietari che pagherà di più. Ma ci sono anche altre soprese nelle relazione. Come il fatto che le auto aziendali colpite dalla nuova tassazione proposta nella manovra per il 2020 (che alza la quota di fringe benefit che entra nel reddito imponibile del lavoratore che la ha in comodato) non sono 300 mila come più volte ribadito da esponenti dell'esecutivo rosso-giallo, ma molte di più: oltre 800 mila. Per la precisione quelle intestate a partite Iva, escluse quelle a enti pubblici non economici, sono 840.117 delle quali 4.256 elettriche e 36.085 ibridi. La percentuale di veicoli con emissioni di Co2 fino a 160 grammi è il 95%, il restante 5% ha emissioni superiori. Conferma per il gettito che per il 2020 è di 332,6 milioni, 387,4 nel 2021 e 378,8 nel 2022. Mentre spuntano le novità il premier Giuseppe Conte prova a negare la realtà che fa della sua manovra una stangata pura e dura. Fonti di Palazzo Chigi lo descrivono determinato ad affermare a livello comunicativo che quella che è arrivata ieri al Senato non è, e non sarà, manovra delle tasse. Al contrario, ripete da giorni, è una legge di bilancio che ha evitato il già programmato aumento dell'Iva per 23 miliardi, che avrebbe avuto un impatto negativo su consumi e su tutte le famiglie. Insomma per il premier Conte la realtà da raccontare è che il provvedimento cardine del governo è fortemente redistributivo e dà soldi ai cittadini. Alle imprese con Impresa 4.0, ai lavoratori con 3 miliardi di taglio del cuneo fiscale, elimina il super ticket, dà 600 milioni alle famiglie e asili nido gratuiti, dà soldi alle persone con disabilità, potenzia il sistema della ricerca, non tocca la flat tax per le partite Iva né reddito di cittadinanza e quota 100, dà 3 miliardi di super bonus ai cittadini che usano le carte di credito. La realtà però sembra diversa.

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