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Nel M5S cresce la fronda anti-Di Maio

Movimento sul piede di guerra: big grillini in rivolta

Gaetano Mineo
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Una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro. Tensioni e mal di pancia che scuotono il MoVimento 5 Stelle e che hanno assunto un crescendo a seguito delle numerose sconfitte elettorali, prima alle varie Regionali e poi alle Europee di fine maggio. Uno scenario che vede sul banco degli imputati il principale indiziato, Luigi Di Maio, oramai già da tempo nel mirino della base grillina. E non solo, perché a chiedere la testa del capo politico pentastellato, ci sono anche i trombati del precedente governo. In prima fila Danilo Toninelli, Barbara Lezzi e Giulia Grillo ma anche tutti i sottosegretari non confermati. Secondo i maligni, poi, tra gli anti-Di Maio ci sono i fedelissimi del presidente della Camera, Roberto Fico, ai quali non sarebbe stato garantito un ruolo di peso nonostante il forte spostamento a sinistra del baricentro politico. L'ultima in ordine di tempo a togliersi il sassolino dalla scarpa, prendendo le difese di Dalila Nesci, la deputata M5S che aspira a diventare governatrice in Calabria per il Movimento, ma la cui candidatura è stata stroncata proprio da Di Maio, è Barbara Lezzi. L'ex ministra del Sud pubblica un post al vetriolo su Facebook, tirando in ballo il viceministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, finito nel mirino di molti, nel M5S, per essere stato nominato nella squadra di governo nonostante il ruolo, poi abbandonato, di deputato e vice presidente dell'Assemblea regionale siciliana: «Avendo derogato per Cancelleri - scrive Lezzi - non esiste più nessuna regola che impedisca a Dalila di candidarsi. A meno che non si voglia rinunciare e abbassare la bandiera del M5S per sempre». Un colpo basso, quello di uno dei volti storici del Movimento, quel è quello della Lezzi, che la dice lunga sull'aria che tira all'interno dei pentastellati. La stessa candidata a governatore della Calabria, Nesci, ha attaccato il suo capo politico subito dopo che lo stesso Di Maio le ha bocciato la sua candidatura. «Caro Luigi... sento il dovere e la necessità di proporre un'alternativa ai modelli elettorali civici che hai deciso di sperimentare cambiando le regole del M5s, modelli che senza garanzie a mio avviso rinnegano le motivazioni che ci hanno generato». La deputata 5stelle non intende mollare la sua candidatura, e tira dritto in barba alle decisioni di Maio. Tensioni e mal di pancia che hanno generato scossoni nel MoVimento anche in sede locale come accaduto nei giorni scorsi in Sardegna dove s'è registrato uno scontro aperto nel gruppo del M5s in Consiglio regionale, formatosi per la prima volta nella storia dell'autonomia quest'anno. Attaccata per aver votato con il centrodestra, assieme alla collega Elena Fancello, la mozione della Lega per il referendum per abrogare la parte proporzionale della legge elettorale nazionale, la consigliera pentastellata Carla Cuccu affida la sua difesa a una nota di quattro pagine. L'avvocata contesta innanzitutto, per il suo «piglio padronale», la capogruppo M5s Desirè Manca. «Partendo da un'idea di primazia sugli altri», ha tuonato Cuccu della collega Manca, «ha cercato di rafforzare la propria posizione di potere politico e personale all'interno del gruppo...». Guerre fratricide che dimostrano come a Di Maio gli stia scappando il timone del partito dalle mani. A maggior ragione con l'ultimo nuovo incarico da ministro degli Esteri che lo presume più in giro per il mondo invece di svolgere il suo ruolo politico a Sassari, piuttosto che a Legnano. Altre schegge impazzite all'interno dei pentastellati sono i cosiddetti «padani» vicini al senatore, Gianluigi Paragone e i cosiddetti «rivoluzioni» che si riconoscono nelle posizioni di Alessandro Di Battista. Un gruppo numeroso, che a vario titolo, oltre per i suoi numerosi incarichi, contesta la leadership di Di Maio che è riuscito a coalizzare gli antagonisti interni. Che, però, sono una pattuglia del tutto eterogenea che rende difficile capire come si comporterà nelle prossime settimane questa fronda.

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