Di Maio alza la posta. Ira Pd
Alta tensione dopo l'aut aut del capo M5S a Conte: "Il nostro programma o non si parte". E Zingaretti annulla l'incontro
Di Maio alza la posta e carica i siluri nei tubi di lancio del sommergibile dei 5 Stelle che segue a quota periscopio la rotta fino ad ora tranquilla della nave appena varata del Conte bis. La moltiplicazione dei punti programmatici ultimativi del Movimento e la chiosa finale della dichiarazione tutta d'un fiato all'uscita della consultazione col Premier incaricato, «O così o altrimenti sarà meglio tornare al voto e, aggiungo, il prima possibile», oltre che suscitare perplessità e inquietudine hanno fatto pensare a un attacco da sindrome da vice premier mancato. Un evidente colpo di coda, al quale, con molta discrezione e prudenza, il premier incaricato ha lasciato trapelare che intende replicare con i fatti: proseguendo nell'elaborazione del programma e della formazione del nuovo Governo. «Di Maio scherza col fuoco» hanno commentato invece gli analisti finanziari dopo che a pochi minuti dalla sua presa di posizione lo spread, fino allora ai minimi, è aumentato di circa 10 punti. Secondo gli esperti di finanza, la situazione in cui si sarebbe venuto a trovare Di Maio all'interno del Movimento, dopo il marasma del tira e molla con Salvini e la premiership sfuggitagli e passata nelle mani del Presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte, è analoga a quella di un credito in sofferenza che necessita di un piano di ristrutturazione per rientrare. La mossa piazzata da Di Maio al termine delle consultazioni con Conte rischia così di far saltare il banco tra Pd e M5s. Il discorso, dai toni ultimativi, con cui il capo politico dei pentastellati torna a minacciare la via del mancato accordo e del voto anticipato fa riavvolgere bruscamente il film della trattativa e riporta il confronto «al via», come detto, in un paragone efficace, dalla vice segretaria del Pd, Paola De Micheli. La tensione è talmente alta che, dopo le dichiarazioni del capo politico M5s nella sala della Regina di Montecitorio, il segretario del Pd annulla l'incontro che aveva in programma con lui. A Palazzo Chigi, viene convocato un incontro riparatore cui, insieme al presidente del Consiglio incaricato, prendono parte i dem Andrea Orlando e Dario Franceschini, e i capigruppo M5s, Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva. «La delegazione del Pd, indicata dal segretario Nicola Zingaretti - si legge in una nota diffusa dal Pd al termine dell'incontro - ha partecipato oggi pomeriggio ad un incontro richiesto dal presidente incaricato con i rappresentanti del Movimento 5 Stelle e con lo stesso premier Conte. L'incontro è servito a porre l'esigenza di un chiarimento sulle dichiarazioni di Luigi Di Maio, al termine delle consultazioni, come precondizione per proseguire nel percorso avviato negli scorsi giorni». Tranchant la risposta M5s affidata ai due capigruppo, Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva: «Noi siamo il partito di maggioranza relativa e riteniamo che in una trattativa le pre-condizioni non facciano bene. Noi oggi in conferenza stampa, dopo aver incontrato il presidente incaricato, abbiamo messo al centro i temi, i 20 punti che per il M5s sono importanti, fondamentali, ed è su questo che vogliamo aprire il confronto con il partito democratico, lo faremo da domani mattina, però è difficile accettare le pre-condizioni. Credo che si possa lavorare in modo costruttivo a partire dai punti che abbiamo messo sul tavolo». Le due delegazioni si incontreranno quindi di nuovo domani mattina, alle 9:30, a palazzo Chigi, per proseguire il confronto sul programma «condiviso» sul quale è stato avviato il percorso, come anticipato da Conte, in una nota al termine dell'incontro, in cui ha fatto sapere anche che lunedì proseguirà le consultazioni incontrando una delegazione delle popolazioni colpite dal terremoto e le associazioni dei disabili. Ma il problema sembra rimanere la dura presa di posizione di Di Maio e i paletti fissati dal vicepremier, anche sui temi come quello dell'immigrazione e del taglio dei parlamentari. O sulla caratura super partes del presidente del Consiglio incaricato. il che equivale a dire, di fatto, che se a guidare Palazzo Chigi non c'è una figura targata M5s, il Movimento può rivendicare la poltrona di vicepremier. «Oggi si potrebbe dar vita a un Conte bis - ha scandito Di Maio a Montecitorio - uso il condizionale perché sono stato molto chiaro: o siamo d'accordo a realizzare punti del programma o non si va avanti».