Salvini, il governo tiene ancora. E spunta il maxi rimpasto
Il ministro dell'Interno manda segnali di distensione. Ma Di Maio replica: "La frittata è fatta"
La crisi di governo sembra ripartire dal via. Il governo Lega-M5S esiste ancora, una crisi non è stata formalizzata e all'orizzonte non c'è traccia della calendarizzazione della mozione di sfiducia presentata dal Carroccio contro Giuseppe Conte. Più che altro parole, come quelle pronunciate nelle ultime ore dagli attori protagonisti di questa vicenda. Luigi Di Maio parla di "governo paralizzato" e lancia un appello ai ministri leghisti perché firmino "l'ultimo decreto legge: quello che dà i diritti ai giovani riders, che ferma la chiusura dello stabilimento Whirlpool di Napoli, che sostiene il costo dell'energia per l'ex-Alcoa in Sardegna, che bandisce un concorso per migliaia di giovani italiani come funzionari dell'Inps, che potenzia l'unità di crisi che si occupa delle aziende in difficoltà, che sostiene il lavoro a Taranto". Il capo politico pentastellato chiede ai colleghi di "non tenere in ostaggio queste persone". Non risparmia colpi duri all'alleato, accusandolo di non aver tenuto fede all'annuncio di ritirare la delegazione del Carroccio dall'esecutivo: "Sono passati 5 giorni ma stanno ancora tutti lì attaccati alla poltrona. Deve far comodo, evidentemente, avere l'auto blu e i voli di Stato mentre si fa campagna elettorale nelle spiagge". Salvini incassa, non replica, ritorna 'zen' e attiva il programma 'pazienza del pescatore'. Continua a chiamare amici i cinquestelle e Di Maio ("anche se lui non vuole, ma per me è così") e a chi gli chiede se sia possibile continuare assieme non risponde ma sorride: "Il mio telefono è sempre acceso e in queste ultime ore squilla parecchio". Poi va anche oltre: "Questo governo si è fermato sui troppi no: Tav, Autonomia, riforma fiscale, giustizia. O c'è un governo con ministri del sì o un governo degli sconfitti non serve al Paese". Un segnale che ai piani alti del Movimento interpretano come il primo, vero cenno di "resa" del "ministro del tradimento", come lo chiama Alessandro Di Battista, dopo che era toccato a Gian Marco Centinaio arare il campo pubblicamente. Il dialogo, però, non si è ancora riaperto e almeno a parole dovrebbe riaprirsi. "Salvini ha fatto tutto da solo, per tornare dopo nemmeno 24 ore nelle braccia di Berlusconi. Ora è pentito, ma ormai la frittata è fatta. Ognuno è artefice del proprio destino. Buona fortuna", lascia nero su bianco Di Maio. E qui entra in gioco il recente passato, quando lo stesso leader pentastellato, durante i 90 giorni di tira e molla prima della nascita dell'esecutivo gialloverde, disse "discorso chiuso con la Lega". Fu categorico nei toni, ma tutti sanno come è andata a finire poi la storia. Qualche bene informato racconta di quelle che, per ora, possono essere solo rumors o "fantateorie". Come quella che vorrebbe Salvini deciso a offrire a Di Maio la poltrona di presidente del Consiglio (con Conte la frattura non sembra sanabile) in cambio di un rimescolamento dei ministri, lasciando numericamente lo stesso assetto attuale, ma con cambi ai ministeri della Difesa, delle Infrastrutture, dell'Economia e nuovo spacchettamento di Mise e Lavoro, tenendo per il suo partito quest'ultimo dicastero. Tornando ai fatti, il M5S prima di dedicarsi a capire se Salvini ha veramente intenzione di fare marcia indietro, aspetta segnali dal Pd. Gli ufficiali di collegamento sono al lavoro, ma non c'è sprint: i Cinquestelle non si fidano del ruolo troppo imponente di Matteo Renzi, che controlla i gruppi parlamentari, e preferirebbero trattare solo con Nicola Zingaretti, il segretario che gestisce il partito. Il ragionamento è più o meno questo: in aula votano deputati e senatori, dunque la partita è in mano all'ex premier, che intanto definisce "disertori" i democratici che si tireranno indietro da questa partita.