resa dei conti
Crisi di governo, il 20 Conte in Aula. Il Senato vota sul calendario
Tutti appesi a un volo low cost o a un Frecciarossa, ma il voto dell’aula del Senato, chiamata a convalidare le comunicazioni del premier Giuseppe Conte il 20 agosto, è già scritto. Il presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, sul filo del regolamento, alla fine convoca l’aula di palazzo Madama appena 24 ore dopo la riunione della conferenza dei capigruppo (martedì 13 alle 18). Una «forzatura gravissima», tuonano PD e Leu, perché si tratta di un assist al leader della Lega, Matteo Salvini, che «dalla spiaggia vuole decidere i tempi parlamentari». La riunione è incandescente, viene riferito, tranne quando nella sala Pannini fa ingresso una torta per festeggiare il compleanno proprio della Casellati. Quasi due ore di riunione, il cui esito è atteso da una folla di giornalisti mai vista in questo periodo dell’anno, per calendarizzare, come previsto, il premier in aula, lasciando il rinnovato asse del centrodestra a bocca asciutta. Da questo momento parte il tam tam di sms verso i senatori - ancora in vacanza - di tutti i gruppi per garantire la presenza a palazzo Madama, una corsa disperata visto che, denunciano da Fdi, sono evidenti «le prove per una maggioranza alternativa». Il centrodestra tenterà di forzare l’asse Pd-M5S-Misto, che sulla carta può contare su 170 voti (senza i 5 senatori a vita) contro i 138 di Lega-Fdi-Fi (137 perché Umberto Bossi non vota da tempo dopo il malore che lo ha colpito). Renziani o non renziani, responsabili o meno, quello che si riproporrà in aula è un patto anti-Salvini, capitanato dall’ex socio di governo, Luigi Di Maio. Il leader del Carroccio vuole fare in fretta e andare al voto, per questo ha affidato al suo capogruppo, Massimiliano Romeo, con l’appoggio di Anna Maria Bernini (Fi) e Luca Ciriani (Fdi), la sfida: quella di portare al voto dell’aula la mozione di sfiducia a Conte da votare il 14 agosto dopo le commemorazioni a Genova. Una impresa persa in partenza, a meno di colpi di scena e assenze strategiche pesanti. Lega, Fdi e Fi assicurano il pienone, tranne qualche defezione (si parla di 3/4 dei parlamentari) lo stesso garantiscono gli altri gruppi. L’unico colpo di scena a questo punto, atteso, è il ritiro dei ministri del Carroccio. «Siamo pronti a tutto. Lo vedrete nelle prossime ore» assicura Salvini, lasciando intendere che ciò potrebbe accadere già dopo il voto a palazzo Madama. Una mossa più politica e non tecnicamente deflagrante nel percorso della crisi già ampiamente avviato. In tutto questo il capo dello Stato, Sergio Mattarella, anche oggi invocato dal ’Capitanò, resta alla finestra. L’inquilino del Colle si trova ancora ospite dell’Ammiragliato alla Maddalena, in Sardegna, e osserva il dibattito con la massima attenzione, ma ne prende le distanze, visto che il suo ruolo impone l’ingresso in scena solo dopo le dimissioni di Conte e quindi con l’apertura delle Consultazioni. Non saranno pertanto prese in considerazione presunte maggioranze che in queste ore si stanno predisponendo. Sarà la sala alla Vetrata del Quirinale, semmai, il luogo per esplicitarle. Per ora si tratta di normale, anche se accesa, dinamica parlamentare.