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Il governo non c'è più

Salvini stacca la spina e sfiducia Conte: "Maggioranza finita, ora al voto". Grillini spiazzati: con le elezioni anticipate addio taglio dei parlamentari. E il Quirinale...

Franco Bechis
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Annunciata, sussurrata, ipotizzata dalle 20 di ieri sera la crisi di governo è stata dunque formalmente dichiarata da Matteo Salvini: «L'ho ribadito oggi al Presidente Giuseppe Conte: andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c'è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav e dai ripetuti insulti a me e alla Lega da parte degli ”alleati”, e restituiamo velocemente la parola agli elettori». Il leader del Carroccio ha preso la decisione che tutti i suoi si attendevano da tempo forse in uno dei momenti più incomprensibili: a parte essere alla vigilia di Ferragosto con il Parlamento appena chiuso, la Lega aveva appena incassato una fiducia sul decreto sicurezza bis con numeri anche superiori a quel che ci si immaginava. Manca la pistola fumante, la prova del tradimento che non può lasciare alternativa al divorzio, che pure ci sarebbe stata con più evidenza nei mesi scorsi. Ma alla fine con tutto il rispetto per Conte, che ha interpretato con dignità un ruolo difficile e quasi impossibile in questi mesi, l'esecutivo era da mesi un morto che camminava, e la sua fine non farà male (se non fanno sciocchezze) nemmeno ai Cinque stelle che in questa esperienza si sono letteralmente dissanguati. Il governo infatti dalla scorsa primavera era tenuto in vita solo da macchine artificiali. Si pensi all'ultima campagna elettorale, quando sono volati paroloni e colpi sotto la cintura fra quelli che dovevano essere se non sposi per amore, almeno soci in una impresa. Un po' era scritto nelle cose: il principale collante di questa alleanza politica era la possibilità di cambiare l'atteggiamento supino che i precedenti governi avevano avuto nei confronti dell'Europa e delle sue istituzioni. Per questo se c'era un obbligo che Lega e M5s avrebbero dovuto sentire era proprio quello di fare liste uniche gialloverdi al parlamento europeo, e avere scelto l'esatto contrario ha segnato la fine dell'unica ragione fondante del governo Conte. Mi sarei atteso che dopo quel voto e la brutta campagna condotta l'uno contro l'altro (soprattutto dal M5s contro la Lega), all'indomani delle europee il governo cadesse per mano di chi ne avrebbe avuto ragioni e vantaggi: Salvini. Parlando in privato con chiunque dei suoi, era questo il desiderio delle truppe leghiste, che lo ripetevano come una cantilena. Sarebbe stato difficile tenere in piedi una alleanza con le truppe che avrebbero voluto prendere a pugni i propri compagni visti ormai come nemici. Anche perché dalle europee in poi identico sentimento ha cominciato a farsi largo nelle fila grilline, e nell'uno e nell'altro campo si è diffuso rapidamente fra militanti e sostenitori. Nessuno però voleva prendersi la briga di staccare la spina, temendo di prendersi la scossa, e Salvini ha preferito continuare la navigazione, temendo scherzetti dal Quirinale e la possibilità che in Parlamento si formassero maggioranze alternative in grado di fare proseguire la legislatura (questo è sempre possibile e tanto più realistico quanto più i leader dei vari partiti giurano che «mai» questo potrebbe accadere: la bugia è da sempre l'arte più praticata in politica). Non è che oggi questi rischi siano scongiurati del tutto, anzi. Forse la tempistica ferragostana scelta mette in difficoltà sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia i leader delle varie forze politiche presenti in Parlamento che non hanno il tempo necessario per mettere a punto piani B comunque assai impervi da realizzare. Premere sull'acceleratore serve proprio a quello, altrimenti risulta un po' ridicolo dire a Conte di andare a verificare in Parlamento se ha ancora una maggioranza: se la Lega vota contro, quella maggioranza non c'è per forza. Ma è molto difficile organizzarne un'altra nel cuore di agosto. Sulla carta potrebbero unirsi tutti quelli che temono di non vedere più il Parlamento nemmeno in cartolina, che sono tanti. Per indorare la pillola ai grillini Mattarella potrebbe fare pressing su Pd e Forza Italia e forzarli a votare a settembre (con un mezzo suicidio) la famosa riduzione dei parlamentari che fin qui hanno avversato. I poveretti guadagnerebbero qualche mese in più di vita, perché un esecutivo Brancaleone non potrebbe avere orizzonti infiniti. Ma il M5s scomparirebbe facendo un governo con Pd e Forza Italia. Mi sembra difficile, se non proprio impossibile. La corsa verso le urne potrebbe invece rivitalizzare anche i grillini, che ovviamente cavalcherebbero (come faceva già ieri sera Alessandro Di Battista) tutti i loro temi forti attaccando Salvini che ha voluto fare saltare il tavolo per non ridurre i parlamentari, togliere le concessioni ai Benetton, salvare dalla prescrizione qualsiasi malfattore. Sono temi che possono fare recuperare qualche punto perso per strada. Salvini lo sa, e fino all'ultimo ha provato a non tenersi il cerino in mano, passandolo al povero Conte (voleva formalizzasse lui la crisi al Quirinale, proprio nel giorno del suo compleanno), ma ovviamente ne ha ricevuto un netto rifiuto. E così si è deciso ad appiccare lui il fuoco. Correrà i suoi rischi - che non sono bassi - e dovrà scegliere se rischiare molto stando solo o rimettere su in tutto o in parte il vecchio centrodestra. Ma non si poteva ragionevolmente più tenere in vita un governo di cui era evidente la morte cerebrale.      

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