fiducia incassata
La maggioranza regge al Senato, Il decreto sicurezza bis è legge
«Una bella giornata a prescindere dai numeri e mi piace che questa giornata cada il 5 agosto che per chi è stato a Medjugorje rappresenta il compleanno della Vergine Maria. Sono convinto che sia un bel regalo all’Italia e anche al resto del mondo». Matteo Salvini festeggia la sua seconda bandierina, tutta leghista, in poco più di un anno di governo, portando a casa il secondo provvedimento a contrasto dell’immigrazione clandestina e indirizzato ad aumentare la sicurezza del paese, fornendo più mezzi e soldi alle forze dell’ordine. «Meno Carola e più Oriana Fallaci» dice il capo del Viminale, cosciente del fatto che la resa dei conti all’interno del governo è per ora solo rimandata. Il leader del Carroccio insomma libera il Sicurezza Bis del peso politico legato alla tenuta del governo e lo catapulta, con tutta la sua forza, sulla mozione a firma M5S per fermare la Tav. L’avvertimento risuona forte e chiaro: «Sono stanco degli insulti che mi arrivano da mesi non dalle opposizioni ma dagli alleati». Il decreto è legge e come previsto i numeri non sono un problema. In Senato il dl incassa la fiducia con 160 voti a favore e 57 contrari, sfiorando di fatto la maggioranza assoluta di 161. A fare la differenza sono infatti gli assenti che su un plenum di 321 senatori, in un lunedì caldissimo nella capitale, ci sono 289 presenti. Il quorum si attesta a 109 e la maggioranza di governo lo supera di gran lunga al netto dei dissidenti che alla fine, in contrasto con il gruppo pentastellato, decide di non partecipare al voto. Assenti risultano infatti i cinque noti alle cronache: Elena Fattori, Matteo Mantero, Virginia La Mura, Michela Montevecchi e Lello Ciampolillo . Anche Vittoria Deledda, non ha partecipato essendo malata da tempo. Tra le fila della Lega mancano all’appello Umberto Bossi e Massimo Candura (in licenza matrimoniale). Confermato invece il ’nò degli ex Paola Nugnes, Carlo Martelli e Gregorio De Falco. L’asse Lega-M5S, che sulla carta aveva a disposizione 165 voti, regge grazie a solo tre voti provenienti dal Misto che non hanno mai fatto mancare il sostegno al governo. Tra le curiosità l’assenza in aula di tutti i senatori a vita tra cui il presidente emerito, Giorgio Napolitano, l’ex premier Mario Monti, Carlo Rubbia, Elena Cattaneo, Liliana Segre e Renzo Piano. Chi invece si aspettava l’ennesima spaccatura all’interno di Forza Italia è rimasto deluso. I cosiddetti totiani hanno seguito le indicazioni del gruppo azzurro, dichiarando il ’non votò, ma mantenendo la presenza in aula per non abbassare il quorum e lo hanno fatto con la benedizione dello stesso governatore della Liguria. Astenuti invece i senatori di Fratelli d’Italia una scelta, spiega Giorgia Meloni, «coerentemente con quella fatta alla Camera di votare sì al decreto sicurezza bis e no alla fiducia al governo. La nostra priorità è sempre quella di dare risposte agli italiani». Il Pd ha invece risposto con un ’nò compatto e indossando delle magliette bianche con l’immagine di un uomo gettato in un cestino della spazzatura e la scritta: «Non sprechiamo l’umanità». Si è però fatta sentire l’assenza di Matteo Renzi, che ha rimandato il duello con l’omonimo nell’aula di palazzo Madama: «Leggendo i quotidiani di oggi vediamo che Salvini ha capito di avere i numeri sul decreto sicurezza e dunque rilancia sulla Tav. Il giorno della verità viene spostato a mercoledì: vedremo dopo il voto delle mozioni Tav se il Governo starà in piedi o no». A tuonare contro il decreto Sicurezza è un uomo di diritto, Pietro Grasso, che in aula evoca Mussolini, il fascismo, il Ventennio, per poi picchiare duro: «Il fine non giustifica i mezzi. I metodi che state testando sono senza dubbio efficaci nel breve periodo, e magari faranno fare a voi il pieno dei voti, quando avrete il coraggio di chiederli, questi voti, invece di sventolare sondaggi, ma questi metodi non sono quelli di uno Stato civile, di diritto». Questo decreto, conclude l’ex magistrato «traduce in norme i tweet di Salvini. Avete fatto dei post Facebook una fonte del diritto».