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Zaia e Fontana gli fanno la guerra. Conte prova a ricucire: "Toni cambiati"

Scambio di lettere al veleno. I governatori di Veneto e Lombardia: "Siamo feriti dalle sue parole". Il premier: "Corretta interlocuzione istituzionale"

Carlo Antini
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Verba volant scripta manent. Il botta e risposta epistolare fra il premier Giuseppe Conte e i governatori di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, cristallizza la situazione del dossier autonomia sul quale è scontro totale. La missiva indirizzata ai cittadini lombardi e veneti scritta dal presidente del Consiglio non ottiene l'esito sperato, anzi. Nel suo «doveroso chiarimento» "l'avvocato del popolo" parla dell'Autonomia non come di «una bandiera regionale da sventolare, ma una riforma che farà bene a voi e all'Italia intera». Allo stesso tempo il capo del Governo invita tutti a un «confronto civile» chiedendo da parte dei governatori delle due regioni «rispetto per me e per tutti i ministri che stanno lavorando con me», dicendosi disposto a un incontro con i governatori prima del consiglio dei Ministri. «Dopo mesi e centinaia di ore di attento lavoro reputo a dir poco ingeneroso sostenere che siamo poco attenti alle vostre sensibilità. Le vostre richieste stanno a cuore anche a noi. Come pure ci sta a cuore la sorte dei restanti 45 milioni di cittadini italiani», argomenta ancora rivendicando il suo ruolo di mediatore super partes e di garante della Costituzione. Un invito a sotterrare l'ascia di guerra che viene rispedito al mittente con perdite. Fontana e Zaia infatti prendono a loro volta carta e penna per vergare una risposta congiunta dai toni accesi. I due si dicono «profondamente feriti» dalle esternazioni del presidente del Consiglio ribadendo di non avere nessuna intenzione di essere «presi in giro con una discussione che sembra il gioco dell'oca per cui si torna sempre alla casella di partenza». Forti del voto del referendum popolare i governatori del lombardo-veneto lanciano il loro aut aut: «Vogliamo una autonomia vera, non un pannicello caldo che produrrebbe ulteriori guai». Una scelta netta che comporta anche grosse responsabilità, dalle quali Fontana e Zaia però non intendono sottrarsi. «L'autonomia è una sfida soprattutto per noi stessi e per le istituzioni che siamo chiamati a governare. Non avremo scuse se non riusciremo a realizzare i nostri progetti e i cittadini ci premieranno o puniranno», dicono in coro. Il dialogo resta aperto, martedì è confermato un tavolo ad hoc a Palazzo Chigi, ma «se si continua con una farsa, come accaduto finora, è evidente che non firmeremo nulla». Un caos davanti al quale pure gli altri governatori regionali non stanno certo a guardare. «Zaia e Fontana hanno tutte le ragioni, sto dalla loro parte», dichiara Alberto Cirio, presidente del Piemonte. Di parere opposto il numero uno della Sicilia, Nello Musumeci, secondo cui «Conte deve convocare formalmente tutte le Regioni italiane» prima di prendere qualsiasi decisione. I nervi insomma sono tesissimi e nella Lega, oltre al malcontento, serpeggia il dubbio più grande: quello che Conte non sia figura terza nella vicenda. Proprio su questo punto Fontana e Zaia lanciano l'affondo più penetrante. «La nostra autonomia si basa su quanto dice la Costituzione. Avremmo voluto che il Presidente del Consiglio fosse davvero il garante della Costituzione vigente, denunciando le false notizie diffuse con malizia e cattiva fede da chi evidentemente la Carta l'ha letta soltanto sul Bignami», accusano senza troppi giri di parole. Conte, come riferiscono fonti di Palazzo Chigi, «prende atto» della lettera e del suo contenuto non mancando di sottolineare come, dal suo punto di vista, i toni siano cambiati e preludano «a una corretta interlocuzione istituzionale». Almeno fino alla prossima puntata del più classico dei "C'è posta per te".

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