venti di crisi
Viene giù tutto. Anzi no
Viene giù tutto. Anzi no. Matteo Salvini ieri ha gettato nel marasma più totale tutti i palazzi della politica e delle istituzioni a Roma. Si è sfogato con i giornalisti che lo seguivano ad Helsinki nei confronti non solo del M5s, ma dello stesso Luigi Di Maio: «Purtroppo c'è mancanza di fiducia anche personale. E io invece mi sono fidato per mesi e mesi». Ha mandato in contemporanea Giancarlo Giorgetti al Quirinale per capire che avrebbe fatto Sergio Mattarella in caso di caduta del governo (ufficialmente la visita era per comunicare l'indisponibilità ad essere nominato commissario Ue). Lui o chi per lui ha fatto circolare l'indiscrezione di una imminente salita al Quirinale. Detta in poche parole: sembrava ormai aperta la crisi di governo, e tutti ne stavano già ragionando. Nessuno ne capiva però nulla di concreto. Perché al Quirinale non era arrivata fino a tarda sera alcuna richiesta ufficiale di incontro da chicchessia. Palazzo Chigi brancolava nel buio e dai piani alti si cercava addirittura di contattare direttori e opinionisti per avere notizie che a loro mancavano. E all'improvviso da Helsinki Salvini è atterrato a Lecco, pronto a dirigersi alla Lumbard Fest di Barzago, nel cuore della Brianza lecchese. Li ha trovato ad accoglierlo i due capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, e il ministro delle politiche agricole Gianmarco Centinaio. I tre pendevano dalle sue labbra, volevano capire se davvero tutto stava cadendo come tambureggiavano in quel momento agenzie di stampa e media vari. Ma Salvini non ha detto una sola parola, e loro non hanno osato chiedere, accompagnandolo diligenti nelle cucine della festa dove hanno assaggiato con lui qualche salsiccia e un po' di patate. Poi tutti insieme sul palco. Dove alla fine ha parlato anche Salvini. Attaccando chi frena, pizzicando più di un ministro del M5s, ma anche aggiungendo il mantra tradizionale: «Finché il governo fa cose, va avanti». Doccia fredda su chi già - soprattutto all'interno della Lega - stava già festeggiando la crisi di governo. E come se non bastasse alle 22 parlando con i giornalisti a Barzago ha pure fatto marcia indietro su Di Maio: «Mi correggo, mi correggo. In lui ho ancora fiducia, ho sempre avuto fiducia in lui. È una persona perbene». Allora niente crisi? Mica detto. Chi conosce più da vicino Salvini sostiene che in queste ore lui starebbe «maturando» quella decisione. Lo sfogo di ieri a dire il vero è sembrato simile a quello fra innamorati, e infatti subito dopo Di Maio (spinto in questo dalla struttura comunicazione M5s) ha usato lo stesso spartito patetico, dicendosi «pugnalato alle spalle dall'amico». La coppia dunque è scoppiata fra simil drammoni, ma ancora il coraggio per sancire la separazione e il divorzio non è stato trovato da nessuno dei due. Ovviamente è Salvini il solo che potrebbe prenderlo a quattro mani, fosse anche solo per uscire da quel pentolone russo in cui l'hanno infilato per cucinarlo a fuoco lento, ma il passo proprio non viene deciso. Avrà ragione chi ha vissuto questa giornata strana come «uno scrollone verso il rimpasto e la fase due, magari con un contratto bis», sensazione questa vissuta ai piani alti del M5s. E infatti Salvini dalle 22 in poi ha iniziato a incornare a ripetizione il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (accusato di avere bloccato ieri la Gronda) e quello della Giustizia Alfonso Bonafede (colpevole secondo lui di raddoppiare la durata dei processi). Chissà se davvero tanta baraonda per così poco. C'è però da sospettare di sì, perché oggi Salvini andrà «come ogni venerdì dalla mia bimba», e da mercoledì prossimo aveva immaginato di prendersi qualche giorno di vacanza...