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Autonomia e flat tax agitano il governo

Ancora niente intesa sulle Regioni: nuovo vertice l'8 luglio. Salvini spinge sulla riforma fiscale, Di Maio sul salario minimo garantito

Pietro Giovannini
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La data del 20 luglio è cerchiata e calcata in rosso sui calendari del piano nobile di Palazzo Chigi. Sarà la giornata più calda dell'estate politica per il governo italiano, impegnato sul fronte europeo per le nomine nella nuova Commissione guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, ma soprattutto al bivio tra una crisi che porterebbe dritti al voto anticipato a fine settembre o proseguire con questo esecutivo, ma con una legge di Bilancio che si prospetta molto meno accattivante per l'elettorato. Per far quadrare i conti, infatti, difficilmente ci potranno essere nella stessa manovra la Flat tax come intende Matteo Salvini (15% secco), il salario minimo a 9 euro l'ora caldeggiato da Luigi Di Maio e la sterilizzazione delle clausole Iva per oltre 23 miliardi di euro, come pretende Giovanni Tria. La soluzione al rebus è nelle mani del premier, Giuseppe Conte. Che ha dovuto dare alcune garanzie importanti alle istituzioni europee per evitare la procedura di infrazione per debito eccessivo, ma soprattutto sul suo tavolo ha avocato già molti altri dossier, come l'Autonomia (il vertice di mercoledì ha portato a una fumata grigia: nuovo summit calendarizzato per l'8 luglio), le grandi opere (Tav compresa, ovviamente) e il piano di rilancio del Sud, tanto per citare quelli che infiammano di più il dibattito, sia interno che esterno alla maggioranza. Senza contare le altre potenziali polveriere, come il sostegno alla famiglia contro la denatalità, l'inevitabile assalto all'arma bianca sui risparmi realizzati nell'anno di esordio dalle misure bandiera di M5S e Lega, il reddito di cittadinanza e quota 100, e il braccio di ferro con l'Europa per la fase di accoglienza della gestione dei flussi migratori. Su questo fronte, poi, si sta consumando l'ennesimo strappo nella maggioranza, dopo che i pentastellati hanno presentato un emendamento al decreto Sicurezza bis che ha fatto saltare la mosca al naso degli alleati, che arriva proprio alla fine di un'infuocata polemica sul caso Sea Watch 3, condita da un «corpo a corpo» con la comandante della nave, Carola Rackete, che ha toccato più sfere, oltre a quella mediatica e giudiziaria. Per questo motivo la reazione del Carroccio è molto forte, tanto che il sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, uno degli uomini più vicini al leader Salvini, che non usa giri di parole per definire la proposta delle deputate Simona Suriano e Yana Ehm: «L'emendamento pro-ong del Movimento 5 Stelle al decreto Sicurezza bis è gravissimo. I grillini dicano da che parte stanno, con la legge e la legalità oppure con i trafficanti di esseri umani che umiliano l'Italia e le nostre forze dell'ordine». Una reazione che fa il paio con l'irritazione dei presidenti leghisti di Regione coinvolti nella partita dell'Autonomia. In Lombardia, ma soprattutto in Veneto, il tira e molla, con continui rinvii, dubbi e perplessità sui testi sta innervosendo i territori, che aspettano di vedere premiati i risultati dei referendum che si sono svolti quasi due anni ormai, nel 2017. Senza contare che nelle file degli spazientiti si è iscritto anche il governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, in piena campagna elettorale per giocarsi la riconferma in Regione. L'estate politica, dunque, entra nella fase caldissima. Che potrebbe diventare anche incandescente, in caso di crisi prima del 20 luglio.

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