il caso
Siri intercettato e seguito per mesi
Il caso di Armando Siri continua a dividere in due il governo guidato da Giuseppe Conte e sembra sempre di più la miccia innescata sotto il detonatore che potrebbe fare disintegrare da un momento all'altro il celebre contratto e con esso l'alleanza fra i due firmatari. Nel loro 25 aprile separato in ogni senso gli alleati ieri si sono morsi a distanza. «Siri se ne deve andare a casa», ha detto senza mezzi termini Luigi Di Maio a Perugia. Più sfumato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, anche lui in Umbria con il vicepremier: «Quando ci sono indagini importanti che hanno a che fare con mafia e corruzione la risposta della politica non può essere "aspettiamo i tempi della giustizia". Paolo Borsellino diceva che un politico non deve solo essere onesto ma deve anche apparire onesto, perché deve dare l'esempio». Ma dal cuore della Sicilia Matteo Salvini, pure premettendo «non commento le indagini: faccio il ministro e mi occupo di sicurezza». Però di Siri ha ribadito che «resta dove è. Ci mancherebbe altro». Salvini però ha buttato nello scontro anche un altro tema entrato ieri nel caso Siri: «Stamattina ho letto in un giornale che le intercettazioni non esisterebbero. Se così fosse sono sicuro che giudici, magistrati e avvocati faranno bene e in fretta il proprio lavoro». Quel giornale citato dal leader della Lega è La Verità, che ieri ha aperto un fronte «complotto mediatico» sulla inchiesta titolando la sua prima pagina con un netto «Falsa l'intercettazione contro Siri», affermazione che sembra attribuita agli stessi inquirenti. Così il dibattito politico si è centrato anche su questa rivelazione, scatenando i politici più garantisti come la forzista Mariastella Gelmini ed altri. Ma è proprio così?... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI