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Sì con "paletti" di Mattarella alla Commissione banche

"No al controllo dell'attività creditizia"

Davide Di Santo
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C'è la firma del presidente Sergio Mattarella in calce alla legge che istituisce la Commissione di inchiesta sulle banche, che aveva ricevuto il via libera del Parlamento il 26 febbraio scorso. Ma nel dare il suo ok il Capo dello Stato pone una serie di paletti, esplicitati in una lettera indirizzata ai presidenti di Camera e Senato: l'eventualità che i parlamentari, «pur sempre portatori di interessi politici possano anche involontariamente condizionare, direttamente o indirettamente, le banche nell'esercizio del credito, nell'erogazione di finanziamenti o di mutui e le società per quanto riguarda le scelte di investimento» si colloca «decisamente al di fuori dei criteri che ispirano le norme della Costituzione». Non è in discussione, di certo, il potere del Parlamento di istituire una commissione di inchiesta. Ma per il presidente non può passare inosservata la possibilità che la stessa in questo caso possa andare ad analizzare la gestione, possibilità che «non deve poter sfociare nel controllo dell'attività creditizia». Da scongiurare anche la possibilità che l'organismo - per la cui presidenza è sempre stato indicato dai M5s il nome del senatore Luigi Paragone - sconfini in ambiti propri di altre autorità di vigilanza: «Occorre evitare che finisca con il sovrapporsi a Banca d'Italia, Consob, Ivass, Covip, Banca Centrale Europea». Tantomeno, avvisa, dovrà interferire con il corso della giustizia. C'è poi un ultimo monito di Mattarella a Fico e Casellati, che aveva visto giovedì anticipando loro le proprie preoccupazioni: «Né le banche centrali né, tantomeno, la Bce possono sollecitare o accettare istruzioni dai governi o da qualsiasi altro organismo degli Stati membri». Parole che sembrano quasi in fotocopia con quelle pronunciate poco prima dal governatore Ignazio Visco, anche lui a colloquio al Colle giovedì. Nella sua relazione all'assemblea ordinaria dei partecipanti, il numero uno di palazzo Koch ha voluto sottolineare che «i componenti di Bankitalia non possono sollecitare o accettare istruzioni né da organismi pubblici, nazionali o europei, né da soggetti privati». L'Istituto, ha ricordato, «esercita le sue funzioni in autonomia e indipendenza, dando conto del proprio operato secondo il principio di trasparenza». E ha sottolineato che la legge di riforma «non ha cambiato la natura della Banca d'Italia: un istituto di diritto pubblico che svolge le funzioni di interesse generale attribuitegli dall'ordinamento italiano ed europeo». Da Milano, Salvini ribatte che «un conto è l'autonomia di Bankitalia che nessuno mette in discussione, un altro è la mancanza di responsabilità» di chi «doveva vigilare e non ha vigilato, mentre le banche saltavano una via l'altra». Il messaggio di Mattarella, e di Visco, è chiaro. La commissione Banche non deve diventare un tribunale dell'operato di Bankitalia e delle altre istituzioni economiche, preoccupazione già emersa nella passata legislatura con l'organismo guidato all'epoca da Pierferdinando Casini. E la proposta di mettere alla guida di questa nuova edizione di Gianluigi Paragone, pasionario del tema già in campagna elettorale, funge da benzina sul fuoco. Il M5s aveva fatto del nodo delle crisi e dei rimborsi ai risparmiatori uno dei propri temi forti e il timore è che possa trasformare la nuova edizione della commissione in un palcoscenico. Su Twitter, il leader pentastellato Luigi Di Maio assicura che «ci metteremo al lavoro e lo faremo con senso dello Stato e responsabilità, verso il Paese e soprattutto verso i cittadini truffati», mentre su Facebook Paragone rassicura: «Non è una commissione che serve per fare lo scalpo a qualcuno, serve soltanto per capire, per mettere a fuoco quelle che sono state le dinamiche di alcune crisi bancarie». Sul suo nome i pentastellati non intendono cedere, e ai tentennamenti leghisti ricordano che l'intesa sul nome del senatore faceva parte del 'pacchetto' concordato fin dall'inizio. Una querelle da cui il presidente del Consiglio si tira fuori: «Non ho posto nessun veto su nessun singolo parlamentare - assicura Conte parlando ad Assisi - È una commissione parlamentare e il presidente del Consiglio non ha nessuna prerogativa nel disegnarne il presidente, è una prerogativa del Parlamento»

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