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Conte non sa più cosa inventarsi sulla Tav

Il premier: contrario all'opera. Ora confronto con Parigi. Di Maio assicura ai parlamentari del M5S: i cantieri non apriranno mai

Luigi Frasca
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Ha aspettato che l'analisi costi-benefici sull'Alta velocità Torino-Lione superasse lo «stress test» degli esperti, come lo ha definito, e, all'indomani del vertice fiume, Giuseppe Conte ha dichiarato il suo «no» al progetto Tav. La decisione è stata presa in mattinata, concordata con il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, che, al termine della conferenza stampa, ha subito diffuso una nota per ringraziare Conte per le «parole di responsabilità espresse» a tutela dell'interesse generale. C'era molta attesa per l'incontro di Conte coi giornalisti che, convocato alle 17,15, ha provocato in modo del tutto irrituale lo slittamento del Consiglio Supremo di Difesa di tre quarti d'ora. Una riunione, quella al Quirinale, durata qualche minuto più del solito, a cui i ministri sono arrivati visibilmente tesi, ma che non avrebbe sfiorato il tema della linea Torino-Lione.  Il premier, in poco più di mezz'ora, ha esplicitato per la prima volta i suoi forti «dubbi e perplessità» nei confronti di un progetto di cui allo stato «il Paese non ha bisogno» pur precisando che mai prima di allora avesse espresso una posizione, a favore o contro il progetto. E ha ancorato la sua valutazione all'analisi costi-benefici commissionate dal Mit, definita dal premier un «punto di riferimento». È il «metodo Conte», ovvero di un presidente del Consiglio che sostiene di mettere davanti «l'interesse generale del Paese» e, solo dopo uno scandagliato esame dell'analisi della commissione guidata da Marco Ponti, ha deciso di dire la sua (seppure con le cautele del legale di professione, che si è subito affrettato a precisare che la decisione finale non si baserà sulla costi-benefici, ma sarà politica). Nel suo discorso, Conte ha voluto mettere l'accento anche sulla trasparenza, facendo capire che sentiva il bisogno di raccontare ai cittadini e al Paese quello che sta succedendo. Il premier ha spiegato che le posizioni di M5s e Lega restano distanti anche se ha definito «assurda» l'ipotesi di una crisi di governo provocata dalle divisioni sulla Tav. Conte ha spiegato che sta facendo approfondimenti e che probabilmente non sarà rispettata la scadenza da lui fissata per oggi per arrivare alla decisione politica ma probabilmente bisognerà attendere lunedì. Come una scure, infatti, sul governo, pesano i bandi in scadenza a inizio settimana, con le posizioni dei due partiti di governo che si sono irrigidite ancora di più nelle ultime ore. La Lega preme affinché siano autorizzati i contratti. «Per noi, bloccare i bandi vuol dire andare contro la legge quindi ci opporremmo in tutti i modi», ha spiegato un leghista di governo. Mentre per il M5s è stato lo stesso Luigi Di Maio a scandire, nell'assemblea congiunta coi suoi parlamentari, che il Movimento, contrario ai bandi, non cambierà mai posizione sulla Tav. Malgrado l'irrigidimento delle rispettive posizioni, sia Salvini che Di Maio avrebbero però garantito a Conte che nessuno dei due vuole la crisi di governo e confermato la volontà di entrambi di evitarla. Dal canto suo, Conte ha spiegato di essere al lavoro per fare degli approfondimenti, anche giuridici, sulle conseguenze di un possibile blocco o di un via libera dei bandi. Su questo si è confrontato con il direttore generale di Telt, Mario Virano, ricevuto nel pomeriggio a Palazzo Chigi. Mentre il suo consigliere diplomatico Pietro Benassi ha visto l'ambasciatore francese Christian Masset. Perché l'altro fronte aperto è quello del confronto-ridiscussione dell'esito degli approfondimenti sul progetto con Francia e Ue. E, nel caso, in cui il governo arrivasse a presentare una richiesta formale - nero su bianco - agli altri due interlocutori - viene riferito - si potrebbe ipotizzare un rinvio della scadenza dei bandi.

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