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Zingaretti comincia dall'alta velocità: "Criminale fermare i bandi della Tav"

Il nuovo segretario Pd vola a Torino dal governatore del Piemonte Sergio Chiamparino

Daniele Di Mario
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Parte dalla Tav la segreteria Pd targata Nicola Zingaretti. Il nuovo leader Dem sceglie di incontrare il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino nella sua prima uscita pubblica dopo la vittoria alle primarie Pd. «Non si può viver all'infinito con il costo dell'incertezza che sta abbattendo il Paese. L'incontro con Chiamparino, con il presidente del Piemonte, con chi si sta battendo per il futuro dell'Italia, vuole essere simbolicamente il primo atto di una nuova fase Pd», spiega Zingaretti, che sulla Tav aggiunge: «I bandi non si interrompano. Sarebbe criminale ipotizzare di perdere centinaia di milioni di investimenti e migliaia posti di lavoro». Il primo dossier sul tavolo del nuovo segretario in pecotre del Partito Democratico - in attesa della ratifica dell'elezione da parte dell'Assemblea Nazionale - è proprio quello sulla linea alta velocità Torino-Lione. Il governo è alle prese con le posizioni diametralmente opposte dei suoi due maggiori azionisti: la Lega, decisa ad andare avanti con il progetto, e il MoVimento 5 Stelle che, al contrario, ha fatto del No Tav una bandiera. Nicola Zingaretti ha da tempo fatto capire quale sia il suo orientamento: la Tav si deve fare, ha più volte ripetuto durante la campagna per le primarie annunciando di volere dare una mano al presidente delle Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Ecco dunque, a 12 ore dalla chiusura dei gazebo, il viaggio a Torino dove, alle 15, Zingaretti incontra il governatore. Tav, dunque. Ma non solo: nelle settimane che hanno preceduto il voto delle primarie, Zingaretti si sofferma sul tema più generale delle grandi opere e delle preoccupazioni degli imprenditori e del mondo del lavoro, a cominciare da quelle di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, che aveva fatto appello allo sblocco di 36 miliardi di opere già finanziate. Intanto, si attendono i dati ufficiali delle primarie celebrate ieri. L'affermazione del governatore del Lazio contro Maurizio Martina e Roberto Giachetti è netta oltre ogni previsione, ben oltre il 60 per cento dei consensi, e legittimata da una affluenza in linea con le ultime primarie celebrate dal partito: la stima è di oltre un milione e ottocentomila persone. Centrati, dunque, i tre obiettivi che Zingaretti si era dato prima della giornata di ieri, ovvero: vincere le primarie; vincerle con un margine che gli consentisse di governare il partito al di là delle lotte tra correnti; vedere la vittoria legittimata da una partecipazione importante da parte della base del Partito Democratico. Ora, il voto dei gazebo sarà ratificato dall'assemblea che si dovrebbe tenere domenica 17 marzo. Un appuntamento che, prima della giornata di ieri, era a rischio per l'intero partito. Se Zingaretti non avesse raggiunto il 50% più uno dei consensi, infatti, sarebbe stata l'assemblea a votare il segretario, con Martina e Giachetti che avrebbero potuto, insieme, ribaltare il risultato delle urne. Ma il dato forse ancora più importante riguarda l'affluenza: quel 1,8 milioni di persone ai gazebo rappresentano la piena legittimazione per un segretario che si troverà a fare i conti con gruppi parlamentari che - almeno fino ad oggi - hanno dimostrato di rimanere fedeli a Matteo Renzi, autore delle liste elettorali alle ultime politiche. Domani è prevista, intanto, la riunione dei senatori del Partito Democratico, tra i quali c'è lo stesso Matteo Renzi, per eleggere la delegazione che farà parte della prossima assembla. Le file renziane si interrogano sulle ragioni della sconfitta e tengono, stando a quanto si apprende, riunioni ristrette anche in queste ore. Nei prossimi giorni potrebbero tenersi appuntamenti allargati anche alle seconde linee. L'orientamento dichiarato, comunque, è quello di preservare l'unità del partito evitando il «fuoco amico» - copiright di Matteo Renzi - contro il nuovo segretario.

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