terremoto
Ricostruzione? Sì, delle poltrone
Una deroga al limite dei mandati elettivi. No, per una volta il MoVimento 5 Stelle non c’entra niente. Trattasi, invece, dei sindaci del cosiddetto «cratere sismico» relativo ai terremoti del 2016-2017, che - alle prese con una ricostruzione che stenta a decollare - hanno deciso perlomeno di provare a «non demolire» le proprie poltrone. L’iniziativa ha preso forma attraverso una petizione firmata da decine di amministratori - di destra, sinistra e «civici» - convinti che, per garantire continuità «burocratica» al processo di ricostruzione, sia utile dare la possibilità di ricandidarsi per un ulteriore mandato anche ai sindaci che, teoricamente, sarebbero giunti a fine corsa. Cioè a quelli che hanno già svolto due mandati di fila nei Comuni sopra i tremila abitanti e tre consecutivi in quelli sotto i tremila abitanti. L’iniziativa si è poi trasformata in una richiesta ufficiale approvata dalla commissione Affari Costituzionali della Regione Marche, poi raccolta in Parlamento da quattro senatori del Pd: primo firmatario Francesco Verducci, originario peraltro di Fermo, provincia nella quale si trovano diversi Comuni compresi nel cratere sismico. Nella nota introduttiva al ddl, si legge che «la deroga consentirebbe ai primi cittadini dei Comuni del cratere di essere rieleti per un ulteriore mandato consecutivo». «Una deroga importante - si legge ancora - che supera la preclusione normativa alla continuità amministrativa che è giustificata dall’eccezionalità della fase della ricostruzione». Nell’articolo unico del disegno di legge, però, si fa semplicemente riferimento alla possibilità per i sindaci di concorrere per un «terzo» mandato consecutivo. Il ché restringerebbe l’applicabilità della norma agli enti sopra i tremila abitanti. Quanti? Pochi, in verità. Appena dodici dei 35 Comuni «superiori» compresi nel cratere hanno sindaci al secondo mandato. E di questi 7 andranno alle urne nel 2019. Troppo presto, insomma, per usufruire dell’eventuale approvazione della norma. Ne restano cinque, dei quali l’unico di una certa rilevanza è Macerata, che andrà al voto nel 2020 ed è guidata dal 2010 dal piddino Romano Carancini. Una legge ad personam dei Democratici? «Assolutamente no» assicura Verducci, che risponde al telefono dagli Usa dove si trova per rappresentare il Senato in una serie di incontri. «L’equivoco - continua - nasce dal fatto che i tecnici di Palazzo Madama hanno "tradotto" male la mia proposta di legge. Nella versione originale parlo chiaramente di "ulteriore" mandato, non solo di "terzo". E questo perché mi sono limitato a riportare così com’era la richiesta arrivata dai sindaci. Ora chiederò sia fatta l’opportuna correzione. È un provvedimento che potrebbe riguardare tantissimi sindaci, non certo solo quelli di sinistra. E di certo non solo Carancini, di cui sono amico ma che non sa neanche di questo disegno di legge». In effetti nell’originale che Verducci invia via WhatsApp si parla di «ulteriore» mandato, e così l’applicazione diventa «bipartisan». Ai sindaci in scadenza - nel 2020 tocca anche a Isola Gran Sasso, nel 2022 a Tolentino - non resta che attendere la correzione e l’eventuale approvazione del testo. Poi, chiaramente, ci sarà il voto. Occorrerà, insomma, «ricostruire» il consenso, oltre che il Paese.