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Tav della discordia. La mozione gialloverde congela la Torino-Lione

Approvato alla Camera il testo per ridiscutere integralmente il progetto

Silvia Sfregola
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Come da copione la Camera approva la mozione di maggioranza, a firma dei capigruppo di Lega e M5S, Riccardo Molinari e Francesco D'Uva, che, riproponendo quanto scritto sul contratto di governo, «ridiscute integralmente» la Tav. Il futuro dell'opera viene quindi congelato, con l'esecutivo che sulla Torino-Lione non dice né "no" né "sì". L'aula di Montecitorio respinge infatti i tre testi, presentati da Forza Italia, Fratelli d'Italia e Partito democratico, che invece impegnavano palazzo Chigi a far riaprire i cantieri dell'alta velocità e, di conseguenza, portare a termine la Tav. Una maggioranza schiacciante, 261 sì, di cui non c'è da meravigliarsi in termini di numeri soprattutto alla Camera, con il Carroccio e i pentastellati che però, mai come ora, si ritrovano profondamente divisi. Sulla Tav infatti restano le distanze e in Parlamento si assiste a una votazione univoca da parte dei due soci di governo, ma nello stesso tempo a due diverse interpretazioni dagli stessi sul tema. Un vero e proprio paradosso, commentano in Trasatlantico, con Salvini che continua a ribadire che «si va avanti». «L'obiettivo è rivedere il progetto, risparmiare dove si può risparmiare» dice, vedendo il bicchiere mezzo pieno. Di Maio non commenta, sull'argomento resta silente, mentre il titolare del Mit, Toninelli, assicura che in «massimo entro due settimane troveremo una soluzione con gli alleati». Più esplicita la sindaca di Torino, Chiara Appendino, che considera la mozione «coerente con quanto è stato messo nel contratto di governo» non nascondendo la sua «contrarietà» nota da tempo. Insomma per la Lega la mozione è una riflessione, breve, che porterà alla riapertura dei cantieri, mentre per M5S è un modo per prendere tempo e convincere il socio di governo, alla fine, a vidimare la chiusura dell'opera. Posizione, bifronte, contestata duramente dalle opposizioni. I primi a irrigidirsi sono proprio gli alleati di Salvini, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Silvio Berlusconi vede a palazzo Grazioli i capigruppo, Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, e una delegazione di sì Tav. Incontro urgente, come richiesto, per discutere, viene riferito, sugli effetti che la mozione di maggioranza potrebbe avere non solo sul territorio piemontese (dove Forza Italia alle prossime regionali porterà un suo candidato) ma anche per il Paese. È indubbio che nel centrodestra la mossa del leader del Carroccio non sia gradita, con Giorgio Mulè che lancia l'ultimatum: «Non c'è spazio per i Ni-Tav: o è sì con Forza Italia o è no con i 5 stelle. Basta giochetti: è ora di mettere i vagoni sui binari». La stessa Giorgia Meloni si dice molto «arrabbiata» e pronta a chiedere spiegazioni a Salvini: «Non prendiamoci in giro, quello che c'è scritto nella mozione di maggioranza significa che la Tav non si farà». A fargli eco Francesco Lollobrigida, firmatario della mozione di Fdi: «Questa è una pietra tombale sulla creazione di migliaia di posti di lavoro, sullo sviluppo e la competitività della Nazione».

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