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Europee, mossa disperata di Di Maio. Ci ripensa e ripudia i gilet gialli

Presenta gli alleati per le elezioni europee e rinnega la missione in Francia: "Nessun dialogo con chi parla di guerra civile e di lotta armata"

Silvia Sfregola
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Giovani, barricaderi, all'opposizione, e con un unico pallino: quello della democrazia diretta. Luigi Di Maio, ancora silente con la stampa dopo la scottatura delle elezioni in Abruzzo, ha presentato quattro partiti che si alleeranno con i Cinque Stelle alle prossime elezioni europee di maggio. La speranza è quella di formare un gruppo con sette paesi diversi. Per questo il grosso del lavoro è ancora tutto da fare, come il Manifesto che dovrebbe tenere insieme le loro istanze. Per ora sono solo stati fissati dieci punti il cui denominatore comune è un'Europa più giusta, più equa e a misura di cittadino. Ma prima di presentare i 4 candidati, Di Maio ha voluto chiarire una questione che stava mettendo in serio imbarazzo lui e il Movimento tutto che è suonato come un clamoroso dietrofront da parte del capo dei Cinquestelle proprio in vista delle elezioni. «Abbiamo raccolto la sfida di rappresentare un nuovo gruppo europeo. Non ci sono gli esponenti dei gilet gialli, perché non abbiamo intenzione di dialogare con quelle anime che parlano di 'guerra civilè e 'lotta armatà ha detto in risposta a un fuorionda in cui si sente Christophe Chalençon, uno dei gilet gialli incontrati a Parigi anche da Di Battista, parlare di »golpe« e paramilitari». Chiarito questo, il capo politico grillino ha passato in rassegna i suo 4 compagni di avventura. Uno di questi è il croato Ivan Vilibor Sincic, giovane leader del partito Human Blockade (Zivi Zig). Sincic è membro del Parlamento croato dal 2015 ed è stato candidato alle elezioni presidenziali del 2014, ottenendo un ottimo 16,4% dei voti. Il suo partito è definito populista e si rifiuta di essere etichettato come di destra o di sinistra. Tra le sue battaglie centrali ci sono la legalizzazione della marijuana, la nazionalizzazione del sistema bancario, l'opposizione agli sfratti, i cibi geneticamente modificati e il rilancio delle agricolture locali. Per la Polonia c'è Pawel Kukiz, che a capo del suo partito Kukiz 15, è una rock star, cantante e attore di ultradestra e populista. La sua prima battaglia è quella di riformare il sistema elettorale polacco passando dal proporzionale ai collegi uninominali. Tra le priorità ha l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e il sostegno ai piccoli produttori locali. L'unica donna presente è Karoliina Kahonen, tra i fondatori del partito finlandese Liike Nyt, di stampo liberale e fortemente orientato alla democrazia partecipativa. I loro valori fondanti sono difesa dello Stato sociale, lotta ai cambiamenti climatici e aiuti alle fasce più deboli della società. Infine il greco Evangelos Tsiobanidis, leader di Akkel, il partito degli agricoltori. Ha particolarmente a cuore le tematiche legate all'ambiente e l'avversione ai trattati di libero commercio. Si tratta di convinti sostenitori della necessità di rafforzare le istituzioni attraverso una costante interazione tra eletti ed elettori. Di Maio è convinto: «Abbiamo una sfida e un progetto ambizioso, saremo il nuovo ago della bilancia della nuova Unione Europa». La battaglia a Bruxelles, soprattutto con Salvini, è appena cominciata.

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