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Ultrà, Salvini: "Sì alle trasferte e nessuno stop a partite per cori razzisti"

Matteo Salvini

La riunione straordinaria dell'Osservatorio del Viminale

Silvia Sfregola
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Coinvolgimento e partecipazione. È la ricetta di Matteo Salvini per risolvere il problema della violenza nel mondo del calcio. Un fenomeno che, spiega numeri alla mano, è in calo. «Le persone sottoposte a Daspo sono circa 6.500 rispetto ad un fenomeno che coinvolge 12 milioni di appassionati», argomenta al termine di una riunione allargata dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive convocata dopo la morte dell'ultras interista Daniele Belardinelli. Non possono però essere pochi teppisti a condizionare la vita delle stragrande maggioranza degli sportivi. «L'obiettivo è sradicare la delinquenza da dentro e da fuori gli stadi e su questo utilizzeremo ogni mezzo», dice il ministro dell'Interno auspicando la costruzione di impianti di proprietà delle società dove siano presenti all'interno anche camere di sicurezza. Posizioni ampiamente condivise dalla Figc. «Il calcio è partecipazione, vogliamo sradicare tutti i fenomeni di violenza e di maleducazione a qualsiasi livello, sia dentro che fuori gli stadi», dice da Via Allegri Gabriele Gravina assicurando che la federazione sarà parte diligente in questo processo virtuoso. Il pallone però deve continuare a rotolare serenamente, possibilmente con attorno spalti colorati. Niente settori chiusi, trasferte vietate e partite bloccate, anzi. «Sarebbe la sconfitta dello Stato», dice Salvini senza usare giri di parole. La prima proposta è quella di tornare ad autorizzare le trasferte collettive che, secondo il vicepremier, «sono maggiormente controllabili rispetto a centinaia di auto e di mini Van». Confermata pure la volontà di far disputare in orario diurno le partite considerate più a rischio. Un dossier che è in mano al fido Giancarlo Giorgetti. «Abbiamo ribadito alle società di calcio che gli orari delle partite devono essere subordinati a condizioni di agibilità e pertanto devono essere gestiti con le autorità di pubblica sicurezza», il pensiero del sottosegretario con delega allo Sport. E proprio dall'uomo che tiene i contatti con il mondo del pallone arriva la stoccata più pesante ai tesserati che «nelle loro dichiarazioni pubbliche non devono alimentare la retorica». Il punto chiave resta però quelle relativo ai cori di discriminazione razziale e territoriale. A tal proposito il milanista Salvini la pensa in maniera opposta all'ex gloria rossonera Carlo Ancelotti. Se il tecnico del Napoli aveva paventato un'uscita volontaria dal campo della sua squadra in caso di nuovi episodi il ministro dell'Interno lo stoppa. «È un tema scivoloso - dichiara - si rischia di mettere in mano a pochi il destino di tanti. E poi chi decide i criteri di discriminazione? Io ero allo stadio a Milan-Juve e Bonucci è stato oggetto di 'buù per tutta la partita... Preferisco prevenire e responsabilizzare». "The show must go on", anche a Gedda dove si disputerà la tanto criticata Supercoppa fra Juventus e Milan. Su questo però Salvini si sfila: «a vedere una finale di una coppa italiana in Arabia Saudita con le donne velate e i burka non ce la faccio. Farò altro».

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