bagno di folla
Roma battezza la nuova Lega tricolore
I primi ad arrivare a piazza del Popolo sono stati i leghisti di Calabria. «Abbiamo voglia di puntualità...», spiegano al cronista i due avvocati che guidano i rispettivi circoli territoriali in provincia di Cosenza e che si caratterizzano anche per la richiesta precisa al leader: «Il mondo dei professionisti e delle partita Iva aspetta risposte da troppo tempo: confidiamo in questa prima manovra». Segno dei tempi e della mutazione profonda della Lega che ha mischiato temi e priorità come ha fatto con i popoli d’Italia. Fino a tre anni fa, proprio nella piazza cara a Giorgio Almirante, a calcare le prime file in attesa di quello che ai tempi veniva chiamato ancora «l’altro Matteo» erano i leoni di San Marco di stoffa portati in mano dai veneti, o i folcloristici corni celtici indossati dagli abitanti dell’Insubria. Stavolta invece, già due ore prima dell’inizio, sono quasi tutti «made in Sud» i più accaniti sottopalco: dai tipi di Bari (con tanto di richiesta «Romiti sindaco», la speranza salviniana alle prossime comunali nel capoluogo) ai siciliani sparsi con la trinacria stretta al collo fino ai tanti sardi che svettavano in gruppo con tantissime bandiere dei quattro mori. Parte del leone, al centro della piazza, la fa la compagine romana: con lo striscione gigante «Stop invasione» agitato al ritmo dei cori chiamati al megafono dal dirigente capitolino Andrea Liburdi, con le municipalità di Roma rappresentate dai rispettivi striscioni così come richiesto dal coordinatore Francesco Zicchieri e i parlamentari del Lazio ad accogliere i «cugini» del resto d’Italia all’ingresso dello spiazzale. Alla fine, nella mappa cromatica di piazza del Popolo, sarà proprio il «blue» dei vessilli «Salvini premier» a rappresentare il tema dominante e a legittimare, quindi, l’avvenuta nazionalizzazione di un progetto ampiamente post-ideologico. La conferma di ciò giunge anche... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI