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Al G20 Conte tratta sulla manovra. Poi il selfie con Trump

Il premier Conte e il presidente Usa Trump

In Argentina si cerca l'accordo con Bruxelles

Silvia Sfregola
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Abbracci, ramoscelli d'ulivo (perché "non siamo in guerra"), e una porta "che resta sempre aperta". I responsabili europei, trasferitisi al G20 di Buenos Aires come i leader di mezzo mondo, continuano a lanciare messaggi dialoganti verso Roma, nella speranza che si realizzi il compromesso sui conti pubblici italiani. Il premier Giuseppe Conte, volato al vertice internazionale assieme al ministro dell'Economia Giovanni Tria, viene accolto da un caloroso abbraccio del presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, con il quale ci sarà il vero faccia a faccia appena arriverà un attimo libero tra le girandole di incontri in agenda. Comunque, ancor prima di vedersi, l'uno e l'altro parlano di "passi avanti" e "progressi", facendo ben sperare. Di che parleranno, Conte e Juncker? I famigerati numeri dei saldi di manovra sono "l'ultima cosa", sottolinea l'italiano, aggiungendo che "si può cambiare anche l'impostazione, e i numeri rimangono gli stessi". L'obiettivo primario dell'esecutivo, comunque, sono "le riforme che caratterizzano l'azione di governo". E di certo una procedura d'infrazione contro Roma "non è affatto auspicabile", ammette il presidente del Consiglio, preoccupato perché una punizione di Bruxelles rischierebbe di "contribuire a creare fibrillazione nei mercati". Si farà di tutto evitarla, anche se "riteniamo di essere nel giusto", sottolinea il premier, approfittando dei dati negativi sul Pil per rilanciare: "Dobbiamo fare una manovra di segno diverso, non di segno recessivo. Dobbiamo crescere e quindi rafforzare il piano degli investimenti". L'ex premier lussemburghese, da parte sua, abbraccia platealmente il suo interlocutore prima che inizi il coordinamento europeo del G20. Se dopo la cena di sabato scorso a Bruxelles aveva detto di amare il Belpaese, in Argentina Juncker ribadisce il concetto: "Non siamo in guerra con l'Italia", e "l'atmosfera è buona" quando si dialoga con l'inquilino di Palazzo Chigi. "Siamo con l'Italia, se l'Italia è con noi", la conclusione del ragionamento davanti alle telecamere. Dietro le quinte, invece, continua una trattativa i cui contorni sembrano chiari (l'Italia potrebbe far scendere il deficit da 2,4% al 2,2%, mentre Bruxelles vorrebbe abbassarlo fino al 2%). Più difficile è capire come raggiungere questo obiettivo. Tria ha già incontrato il commissario europeo per gli Affari economici, Pierre Moscovici, in un incontro definito "cordiale". La porta di Moscovici, peraltro, rimane "sempre aperta", anche perché con Tria "ci fidiamo l'uno dell'altro, cerchiamo di lavorare in modo costruttivo per evitare una crisi". Certo, dopo queste cortesie, il francese sottolinea che "la palla è nel campo dell'Italia", e far restare il deficit al 2,4% "sembra essere una grave violazione" di queste regole. Secondo voci circolate in Parlamento, il Governo sarebbe pronto a scendere oltre il 2,2%, attestandosi al 2,1%.   Intanto, mentre la trattativa continua in Argentina, a Roma la commissione Bilancio di Montecitorio prosegue l'analisi degli emendamenti alla legge di Bilancio. Le proposte di modifica più "pesanti", messe a punto dall'esecutivo, arriveranno sabato sera. La commissione si riunirà quindi domenica pomeriggio. I deputati, intanto, hanno approvato un emendamento che prevede di stanziare, per le popolazioni terremotate, 85 milioni di euro di risparmi ottenuti dai precedenti esercizi di Montecitorio. Il Movimento 5 Stelle rivendica la decisione on un post sul Blog delle Stelle. Ma il presidente della commissione Bilancio, il leghista Massimo Borghi, precisa che il testo "è stato sottoscritto da tutti i partiti, ed è stato approvato in commissione Bilancio all'unanimità".

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