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Il governo conferma i saldi della manovraMa lo spread torna a far paura

Carlantonio Solimene
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Nessuna variazione dei saldi della manovra né delle previsioni di crescita del Pil. Il governo conferma di voler seguire la propria strada, come annunciato fin dall'inizio, e di non cedere nell'interlocuzione con Bruxelles la cui strada, a questo punto, è sempre più in salita. Nel giorno in cui l'Ue attende una risposta alla richiesta avanzata dalla commissione di correggere il draft budgetary plan, il governo si riunisce a tarda sera, dopo il rientro del premier Giuseppe Conte da Palermo: «Confidiamo di inviare nei termini la risposta», è l'auspicio espresso prima di volare a Roma. Serve davvero ogni minuto utile, con l'occhio all'orologio perché la letterina italiana va caricata sul sito della Commissione entro la mezzanotte. A palazzo Chigi si susseguono un vertice e poi una riunione del Consiglio dei ministri, necessario perché «c'è qualcosa da modificare» ma non, aveva assicurato Matteo Salvini, «in base alle richieste di Bruxelles. Si cambia in base a quello che succede in Italia, ad esempio a causa del maltempo. Stiamo facendo la conta dei danni e rischiano di essere 5 miliardi di euro». Una cosa è chiara: «Posso solo dire che stiamo lavorando ad una manovra che comprende più posti di lavoro, più diritto alla pensione e meno tasse (non per tutti, ma per tanti italiani). Se all'Europa va bene, siamo contenti. Se all'Europa non va bene, tiriamo dritti lo stesso». Il governo deve fare i conti anche con il giudizio negativo del Fmi, secondo cui lo stimolo del deficit al 2,4% del Pil è «incerto» nei prossimi due anni e, anzi, sarà «probabilmente negativo nel medio termine» se lo spread «elevato» dovesse «persistere». Stesso discorso per il debito, previsto stabile al 130% del Pil nei prossimi tre anni. Un debito esposto, scrivono nel rapporto, a «shock avversi anche modesti» che potrebbero portare a una «grande» manovra correttiva, trasformando «un rallentamento in una recessione». Una bocciatura, o poco ci manca, che certo non giova nel tentativo di «spiegare» le proprie ragioni all'Europa. Archiviata l'ipotesi di rivedere le stime sulla crescita e anche il deficit, Conte e gli altri esponenti di governo hanno però più volte assicurato che il 2,4%, sarà comunque il tetto massimo e che nessun caso verrà sforato. Sul tavolo resta l'opzione di dichiarare, nero su bianco, la disponibilità a inserire nella legge di bilancio dei meccanismi che facciano scattare in automatico tagli alla spesa nel caso in cui l'andamento del Pil o dell'economia smentissero le previsioni del governo. Una sorta di clausola di salvaguardia sul deficit, insomma, anche insistendo sulle spese straordinarie legate alle emergenze Genova e maltempo, per rassicurare i partner europei della serietà delle intenzioni italiane e soprattutto della volontà di non superare il numerino indicato, come invece paventato in più di una critica. Un muro contro muro che non tiene conto dell'ennesima giornata difficile sui mercati, con lo Spread che ha toccato quota 310 per poi chiudere a 303 punti base.

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