Tria rassicura l'Europa sui conti pubblici: "Nel 2019 in Italia il debito scenderà"
Il ministro dell'Economia anticipa il rientro a Roma per il Def
Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, debutta all'Eurogruppo chiedendo di «stare tranquilli» ai suoi colleghi dell'area dell'euro. «Il rapporto tra debito e Pil scende», garantisce Tria, che deve spiegare nella riunione di Lussemburgo il deficit al 2,4% del Pil fissato da Roma per il 2019 e per i tre anni successivi. L'Europa sembra compatta per una bocciatura preventiva e neanche le spiegazioni dell'inquilino di via XX Settembre sembrano far cambiare idea all'Eurogruppo. Il presidente dell'organismo europeo, Mario Centeno, parla infatti al termine dell'incontro di «preoccupazioni che devono essere subito indirizzate» per il verso giusto. Ma il più duro in serata è il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, che taglia corto: «Se l'Italia vuole un ulteriore trattamento speciale, ciò significherebbe la fine dell'euro. Quindi bisogna essere molto rigidi». Bruxelles vorrebbe evitare di arrivare a una bocciatura della legge di bilancio quando, a metà ottobre, arriverà con tanto di dettagli per la valutazione della Commissione Ue. Il vicepresidente dell'esecutivo europeo, Valdis Dombrovskis, spiega che «a un primo sguardo» le misure italiane «non sono compatibili con le regole» europee. Le stime sul deficit, gli fa eco il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, rappresentano «una deviazione molto, molto significativa rispetto agli impegni che sono stati presi». Tria rientra a Roma già stasera e non parteciperà all'Ecofin di domani mattina, con tutti i ministri Ue, ufficialmente per dedicarsi ai dettagli della nota di aggiornamento del Def, che sarà inviata in Parlamento. Prima di partire il ministro vede comunque da soli proprio Dombrovskis e Moscovici. «Non c'è nessuna motivazione che possa mettere in discussione il 2,4%, siamo compatti», dice intanto da Roma il vicepremier, Luigi di Maio, sostenendo che il ritorno anticipato di Tria fosse già programmato. «Non c'è nessuna ragione di emergenza perché debba rientrare», afferma il leader pentastellato, prendendosela con l'Ue per la nuova impennata dello spread, salito in chiusura a 282 punti base. «C'è qualche istituzione europea - afferma - che gioca a fare terrorismo sui mercati». Un dichiarazione che appare in contrasto con quella successiva, in cui lo stesso Di Maio parla di «dialogare al massimo» con l'Ue evitando «lo scontro». Il vicepremier si dice «sicuro che ci diranno di sì». La Francia, che nel progetto di bilancio punta a un deficit del 2,8% nel 2019, ma in un contesto di calo del disavanzo all'1,4% nel 2020, si dimostra la più scomoda avversaria del governo italiano, come per la questione migranti. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, rivendica il rispetto degli impegni da parte di Parigi e chiarisce che «ci sono delle regole, e le regole sono le stesse per ogni Stato, perché i nostri destini sono legati». Una posizione vicina alla presa di posizione di Juncker, che avverte: «Non vorrei che, dopo essere stati in grado di affrontare la crisi greca, finissimo con una crisi simile in Italia. Una di queste crisi è stata sufficiente».