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Legge di bilancio, il M5S tenta la Lega sul deficit al 2.4%

Il ministro Tria: "Stiamo attenti a non chiedere troppo"

Carlo Antini
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Non è finita finché non è finita, e infatti a poche ore dalla Consiglio dei ministri che dovrebbe varare la nota di aggiornamento al Def la discussione è ancora in corso e tutto è ancora da scrivere. Anche su un punto decisivo, quello del rapporto deficit/Pil. I numeri «li saprete domani», assicura ai cronisti il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, pronto a far la valigia prima del tempo e lasciare New York - dove ha partecipato all'assemblea Onu - per tornare a casa e riprendere in mano il discorso della manovra economica. «Stiamo attenti - è l'ultimo appello lanciato dal ministro dell'Economia Giovanni Tria - perché a volte se uno chiede troppo poi deve pagare interessi maggiori e quello che si guadagna si perde in interessi. Se si perde fiducia sulla stabilità finanziaria nessuno investe». Ed è per questo che avrebbe voluto fissare l'asticella del deficit/Pil al 1,6%. Ma il pressing dei partiti che va avanti da settimane - e che sembrava potersi accontentare di un compromesso di 1,8-1,9 percento - si è intensificato nelle ultime ore. Il M5s ha alzato la richiesta fino al 2,4%, cercando su tale proposta da portare a Tria nel vertice sulla manovra che inevitabilmente precederà la riunione del Consiglio dei ministri di giovedì, il sostegno della Lega. Il Carroccio si muove con cautela: se per i pentastellati l'accordo è fatto, per Salvini e i suoi esperti economici - riunitisi nel pomeriggio di mercoledì - la proposta è ancora da valutare. Se ne sta parlando e se ne parlerà ancora, anche in un probabile faccia a faccia Di Maio-Salvini da cui arriverà il verdetto finale. «Questo Paese deve crescere, i ragazzi devono lavorare e occorre fare investimenti produttivi: su questo l'accordo c'è, poi lo zero virgola in più o meno è l'ultimo dei problemi e nessuno farà gesti eclatanti», assicura in ogni caso il leader della Lega. Il riferimento è alla minaccia lanciata dal M5s, che si era detto pronto a non votare il Def senza precise rassicurazioni su reddito di cittadinanza e pensioni in manovra. Rassicurazioni che, raccontano fonti del Movimento, ci sono state. E del resto lo stesso Tria ha garantito che «il primo impegno è sterilizzare le clausole di salvaguardia sull'Iva», che nel primo anno ci saranno interventi sul piano fiscale a favore delle piccole imprese, negli anni successivi sarà aggredito l'Irpef. E poi «interventi come il reddito di cittadinanza», su cui ha assicurato: «al di là delle etichette il disegno del governo va in quella direzione». Confermata anche la riforma delle pensioni: bisogna risolvere «alcune difficoltà che si sono trovate nell'applicazione della Fornero, accompagnare l'uscita dalle imprese di un personale che è diventato molto anziano a favore dei giovani». Il come tutte le riforme volute dalla maggioranza di governo troveranno posto nella manovra è ancora da vedere. Via via che passano i giorni si fa sempre più strada l'idea di una serie di provvedimenti collegati alla legge di bilancio vera e propria: nei giorni scorsi il vicepremier pentastellato aveva già assicurato l'arrivo, entro fine settembre, di un decreto fiscale in cui dovrebbero trovar posto mini flat tax e pace fiscale. E potrebbe non essere il solo. «Abbiamo trovato i soldi, si sacrificano i privilegi dei potenti di cui non ce ne può fregare di meno» perché «sono più importanti i cittadini», assicura Di Maio, che se la prende ancora con i 'tecnicì: «Noi sappiamo che in tanti posti chiave dello Stato ci sono uomini di partito, tecnocrati che mettono i bastoni tra le ruote al cambiamento. Noi poteremo avanti questa battaglia, è una zavorra di cui dobbiamo liberarci». Gli accusati per ora tacciono, al leader pentastellato ha risposto Tria: «Ho giurato sull'esclusivo interesse della nazione e non di altri».

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