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La sinistra garantista in campo, avvocati d'ufficio peggio di Asia Argento

Asia Argento e l'ex compagno Morgan

Parte la demonizzazione del giovane Bennett

Alessandro Giuli
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Peggio di Asia Argento, peggio delle sue ambigue gesta femministe in forte odore d'ipocrisia, sono i suoi difensori radical chic che non si rassegnano all'idea che la madrina mondiale del #metoo sia finita nel tritacarne mediatico-giudiziario con l'accusa di aver molestato un attorucolo minorenne. E così, il plotone d'ufficiosi avvocati giornalistici ha deciso di mettersi al lavoro seguendo il canonico spartito del moralismo goscista: un misto di libertinismo e puritanesimo, allusioni colpevolizzanti o assolutorie. Il meccanismo si basa su una maschiofobia pregiudiziale: se la narrazione delle prefiche targate #metoo prevede che l'uomo sia un potenziale molestatore naturale, quando invece è la donna a vittimizzare il maschio occorre subito insinuare che quel maschio sia un poco di buono. Nel caso di Asia Argento, dopotutto, il rischio è quello di veder sputtanare l'intera battaglia. Ed ecco allora spuntare la character assassination: l'attacco selvaggio alla reputazione del nemico, la distruzione d'ogni sua credibilità svincolata dall'evento per il quale risulta non soltanto innocente ma addirittura vittima. Gli specialisti, anzi le specialiste, sono già all'opera e hanno colpito dal bollettino ufficiale chiamato Repubblica. Qui, ieri, un lungo articolo di Arianna Finos e Anna Lombardi cercava di renderci edotti sul doppio volto di Jimmy Bennett, il ventiduenne che avrebbe ottenuto quasi 400 mila dollari dalla Argento per chiudere la bocca su quel presunto pomeriggio di sesso non consensuale praticato quando il ragazzo era minorenne. Un reato grave negli Stati Uniti puritani; e agli occhi di tutto il mondo una macchia indelebile per la femmina alfa del movimento prosperato sulla denuncia delle malefatte maschili. Pressoché avulso dal contesto, l'articolo di Repubblica dipinge Bennett come un border line litigioso che ha fatto uso di droghe, ha stolkerato ex fidanzate con atteggiamenti al limite della pedopornografia, ha evaso il fisco e – udite udite – lavora perfino in una crêperie di famiglia “dove spesso la polizia interviene a sedare risse”. Quanto alla sua qualità professionale: “Bennet si barcamena fra video musicali e piccole parti nel cinema… fallisce perfino il progetto ideato col patrigno” che guardacaso è finito tre volte in bancarotta ed è accusato di aver frodato l'assicurazione. Non è proprio il ritratto del male, ma ci si avvicina: sfigato, lubrìco, quattrinaro, circondato da violenza. Come fidarsi della parola d'un simile essere? Repubblica tesse e cuce con arte un brogliaccio accusatorio nel quale tuttavia, al netto della messa in scena tendenziosa, si scopre che Jimmy ha deunciato i suoi genitori che lo avevano cacciato di casa senza un soldo, e ha ottenuto giustizia. E ancora: le accuse di stalking e pedofilia non hanno avuto seguito poiché l'accusatrice non ha avuto il coraggio di presentarsi in tribunale, anche se al lettore di Repubblica resterà impressa l'infame immagine di un maggiorenne che pretende da una ragazzina alcune sue foto sconce da riversare online. Infine, sulla base dei tuìt intercorsi fra Asia e Jimmy dopo il “fattaccio”, le articoliste arguiscono che il tipaccio avesse deciso di non denunciarla nella speranza di lavorare ancora con lei. Ed è così che un caratteristico modello di depravazione maschile – se me la dai ancora, lavorerai ancora – può addirittura ribaltarsi nel suo contrario – se non mi fai lavorare con te, ti denuncio – quando sul banco degli imputati c'è una come Asia Argento. In questo sordido gioco di specchi che depistano e deformano la realtà circostante al cuore del problema, si può cogliere l'imbarazzo (quando non pure il garantismo a corrente alternata) sul quale Il Tempo ha di recente costruito la sua inchiesta intorno ai radical chic assaliti dalla realtà. Attori, registi, giornalisti del solito giro benestante hanno evitato di commentare, oppure hanno giudicato “strano” che il ragazzetto si sentisse molestato. Poche le voci fuori dal coro dei sussurri ipocriti. Chissà se adesso decideranno d'interrompere il silenzio e si faranno vivi per echeggiare la campagna di Repubblica contro un pischello che voleva soltanto accoppiare il pranzo con la cena. Un po' come Asia con il suo mostro Weinstein, anche se i loro pasti valevano almeno tre zeri in più sul conto.

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