Lo stallo della Tv di Stato
Di Maio: "Senza intesa larga non c'è presidente Rai". Il Pd: "A rischio 90° minuto e Un posto al sole"
Non si sblocca l'impasse sulla presidenza della Rai. Ma nello scontro tra maggioranza e opposizione fa rumore l'uscita del vicepremier grillino Luigi Di Maio, che indirettamente va in pressing sulla Lega affinché venga superato il nome di Marcello Foa e si dia finalmente un vertice al CdA della televisione pubblica. DI MAIO: "NON C'E' NESSUN PRESIDENTE - Di Maio nega che nella scelta dei nomi per la guida di viale Mazzini le forze di governo abbiano ceduto a forme di lottizzazione. "Nessuno può dire che Marcello Foa è una persona di partito - spiega a Radio24 - è un giornalista che si è distinto con la sua indipendenza. Fabrizio Salini? Non lo conoscevamo fino a 15 giorni prima di nominarlo, quindi non si può dire che l’Ad della Rai sia una persona legata alla politica". Al tempo stesso, però, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico fa intendere che l'equazione "consigliere anziano uguale presidente" non può essere considerata accettabile. Contraddicendo così l'alleato leghista. "Per eleggere il presidente della Rai - sostiene Di Maio - ci vogliono due terzi delle forze politiche della commissione di Vigilanza. Per me, finché non si troverà un’intesa tra i gruppi è inutile rimandare un nome alla commissione di Vigilanza. Si troverà un’intesa, come si è trovata in passato". IL MURO DELLA LEGA: "FOA IL PIU' ADATTO" - Peccato che Salvini a fare marcia indietro sul nome di Foa non ci pensa proprio. "La Lega è a disposizione anche ad agosto per arrivare alla soluzione più consona per la principale azienda culturale del Paese. All’interno dell’attuale Cda Marcello Foa rimane il professionista migliore per il ruolo di presidente. Se il Pd vuole nei fatti il bene della Rai abbassi i toni e rispetti i ruoli, aiutandoci a voltare pagina dopo la disastrosa gestione renziana" attaccano i deputati Massimiliano Capitanio e Paolo Tiramani, segretario e capogruppo leghista in Commissione Vigilanza. Sull'altro fronte, è il piddino Davide Faraone a chiedere che il CdA si riunisca al più presto per votare un nome alternativo a quello di Foa: "Questa mattina - svela il deputato Dem - l’ufficio di presidenza della commissione di Vigilanza sulla Rai si è riunito e ha deciso all’unanimità di inviare una lettera al CdA della RAI affinchè domani si pronunci sulla scelta di un nuovo Presidente dopo la bocciatura parlamentare di Marcello Foa. Mi sembra un atto importante a cui mi auguro il Cda voglia dare una risposta urgente. È assolutamente necessario che il servizio pubblico completi il suo organigramma dopo che il Parlamento, attraverso il voto della Vigilanza, ha bocciato Foa. Il Cda prenda atto della situazione e sblocchi una situazione non più sostenibile". ANZALDI (PD): "A RISCHIO 90° MINUTO E UN POSTO AL SOLE" - Anche perché, in assenza di un presidente regolarmente eletto dalla Commissione di Vigilanza, il CdA non potrà procedere al alcuna nomina, in primis quelle dei direttori di testata o dei telegiornali. A ricordarlo è il Dem Michele Anzaldi: "L’arroganza di Salvini e Di Maio rischia di negare per la prima volta agli italiani una produzione storica della Rai come 'Un posto al sole', in onda da 22 anni, e il calcio di 90° Minuto, con gli highlights di Serie A e Serie B della domenica. I pareri espressi dai giuristi Bruno De Vecchio, Luigi Principato e Beniamino Caravita Di Toritto, depositati in commissione di Vigilanza, sono molto chiari: senza un presidente legittimamente in carica, ogni decisione che assumerà il Cda sarà 'in frode alla legge', a rischio 'inefficacia, nullità e illegittimità'. Il contratto sul calcio, ad esempio, è superiore a 10 milioni di euro (4 milioni all’anno per 3 anni), quindi deve essere obbligatoriamente approvato dal Cda, un Cda legittimo". "I due vicepremier - prosegue Anzaldi - non soltanto danneggiano l’azienda, ma mettono anche i consiglieri in una posizione molto scomoda: se avalleranno qualsiasi decisione, anche la meno rilevante, rischiano di incorrere nelle conseguenze di legge, compresa la Corte dei Conti. Lasciare la Rai senza presidente, quindi senza un Cda legittimamente in funzione, significa condannare il servizio pubblico all’immobilismo, all’impossibilità di assumere alcuna decisione proprio alla vigilia della nuova stagione televisiva".