IL GOVERNO AL LAVORO

Sì del Senato, il Decreto Dignità è legge

Silvia Sfregola

"Cittadini 1-sistema 0". Usa la metafora sportiva Luigi Di Maio, per commentare l'approvazione al Senato del (suo) decreto Dignità che, grazie ai 155 sì (125 i no e 1 astenuto), diventa ufficialmente legge dello Stato, sotto gli occhi del premier, Giuseppe Conte, di ritorno dai sopralluoghi a Bologna e Foggia. E' la prima norma targata Movimento 5 Stelle da quando ha conquistato la maggioranza e dato vita al governo con la Lega. "Dopo anni è stato approvato il primo decreto non scritto da potentati economici e lobby", esulta il ministro dello Sviluppo economico al termine della seduta, sottolineando più di non essere ricorso alla fiducia. L'accordo con la Lega regge infatti anche alla prova di Palazzo Madama, quella in teoria più dura, perché i voti di scarto dalla minoranza sono risicati. La dimostrazione di forza arriva soprattutto nelle commissioni Finanze e Lavoro, dove l'esame del provvedimento si è aperto e chiuso nel giro di un week end nonostante l'ostruzionismo delle opposizioni. Sterile, perché in aula Carroccio e pentastellati sono andati anche senza relatori. Non sono mancati ovviamente i momenti di nervosismo, in particolare con il Partito democratico. Il capogruppo, Andrea Marcucci, ha parlato di "l'umiliazione subita dal Senato", perché è stata impedita una discussione più approfondita. Il decreto licenziato dalla Camera non più tardi di una settimana fa, nell'altro ramo del Parlamento non ha infatti subito modifiche. A fine seduta il Pd ha così inscenato una protesta in stile grillino, con tanto di cartelli: "80mila posti in meno. Bye bye lavoro", a cui il Cinquestelle ha risposto intonando il coro "di-gni-tà, di-gni-tà". Lo show, però, è stato stoppato subito dal presidente Casellati: "Non siamo all'asilo". Ora che il decreto Dignità è legge, non spaventa più nemmeno la famosa 'manina' sul rischio disoccupazione. "Chi crede ai numeri dell'Inps sugli 8mila posti di lavoro in meno all'anno, allora non può non credere anche all'altra stima che lo stesso istituto ha fatto dopo la conversione in aula: cioè che ci saranno 62mila posti in più in due anni con gli incentivi per gli under 35", dice ancora Di Maio. Supportato dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro: "Il cambiamento diventa realtà". Entrando nel merito, il provvedimento interviene principalmente sul mondo del lavoro. Viene infatti rinnovato per il biennio 2019-2020 il bonus assunzioni agli under 35, mentre i contratti a tempo determinato senza causali che superano i 12 mesi dovranno essere trasformati 'automaticamente' in tempo indeterminato. I portuali, poi, sono esclusi dalla stretta sui contratti di somministrazione, e tornano i voucher, ma solo per aziende agricole, alberghiere e strutture ricettive che operano nel turismo e che abbiano fino a 8 dipendenti, per un monte orario non superiore ad un arco di 10 giorni. Niente aumenti contributivi per i rinnovi dei contratti di lavoro domestico. Per le aziende che delocalizzano prima che siano trascorsi 5 anni da quando hanno ottenuto finanziamenti pubblici, il decreto prevede sanzioni salate, oltre alla restituzione della somma ricevuta dallo Stato. Il ricavato delle 'multe' saranno riassegnati a un fondo finalizzato al "finanziamento di contratti di sviluppo ai fini della riconversione del sito produttivo". Professionisti e aziende che vantano un credito con la Pubblica amministrazione, invece, nel 2018 potranno portarli a compensazione con i debiti. È "Jackpot" di Di Maio e i suoi sul gioco d'azzardo. Il capo politico M5S porta a casa lo stop alle pubblicità con sanzioni superiori al 20% agli introiti per chi viola il divieto, l'obbligo di utilizzare la tessera sanitaria (dal 2020) per accedere alle macchinette, il logo 'No slot' concesso dal Mise tramite i Comuni per bar e strutture che le dismettono o si impegnano a dismettere le apparecchiature di gioco e la dicitura che avvisa sui danni derivati dal gioco su tutti i 'gratta e vinci', sulla falsa riga di quello che avviene già da anni con le sigarette. Infine il decreto interviene sulla scuola: via il tetto di 36 mesi per i contratti a tempo determinato del personale docente e scolastico, e nuovo concorso riservato a diplomati magistrali e laureati in scienze della formazione primaria. "I cittadini segnano finalmente un punto", festeggia Di Maio. "Sì, il punto di non ritorno", rintuzzano le opposizioni.