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Fontana: "Aboliamo la legge Mancino". Conte, Salvini e Di Maio lo frenano

Un post su Facebook del ministro per la Famiglia scatena la bufera

Carlo Antini
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Basta un post su Facebook. A scatenare la bagarre in un caldissimo venerdì di inizio agosto è il ministro per la Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana - in verità non nuovo alle polemiche - che propone: «Abroghiamo la legge Mancino, che in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano». Il leader della Lega, Matteo Salvini, non sconfessa il suo ministro, ma prova a frenare: «Priorità della Lega e del governo sono lavoro, tasse, giustizia e sicurezza. Evitare di processare le idee nel nome della libertà di pensiero è una battaglia giusta, ma certo non una priorità». Del resto, quella dell'abolizione della legge Mancino è una storica battaglia del Carroccio, con Salvini che a Pontida nel 2017 prometteva un referendum ad hoc per cancellare la norma, risalente al 1993, che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista e che hanno per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Il tema però non suscita lo stesso entusiasmo tra i pentastellati. Lo dimostra l'atteggiamento del vicepremier, Luigi Di Maio, che stoppa immediatamente: «La discussione sull'abrogazione della legge Mancino può chiudersi tanto rapidamente quanto si è aperta - scrive secco su Facebook - Prima di tutto non è nel contratto di governo. In secondo luogo è uno di quegli argomenti usati per fare un po' di distrazione di massa che impedisce di concentrarsi al 100% sulle reali esigenze del Paese». Ancora più netto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che frena le speranze leghiste ribadendo che «l'abrogazione della legge Mancino non è prevista nel contratto di governo e non è mai stata oggetto di alcuna discussione o confronto tra i membri del governo». E anzi difende la legge, perché «personalmente credo che il rispetto delle idee sia un valore fondamentale di ogni sistema democratico, ma allo stesso modo ritengo che siano sacrosanti gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l'incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa». In questo momento, esorta il premier, non nuovo ad interventi per rassicurare gli animi dopo le boutade leghiste, «il governo deve lavorare e impegnarsi su molti fronti caldi: rilancio dell'occupazione, riforme strutturali che consentano la crescita economica e lo sviluppo sociale del Paese. Concentriamo su questi obiettivi il nostro impegno». Rilancia il sottosegretario M5S con delega alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora: «C'è parte della maggioranza che sarebbe non solo contraria all'abolizione, ma ambirebbe a renderla ancora più incisiva, estendendola anche ad altri temi, come l'omofobia, consiglierei di non strumentalizzare temi così sensibili e delicati, provocando inutilmente dibattiti divisivi». E anche per il presidente della Camera Roberto Fico «punire chi compie gesti e azioni che istigano alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali deve rimanere un principio del nostro ordinamento. Indiscutibile e da preservare, anzi da ampliare a tutte le categorie più deboli». La polemica, come prevedibile, infiamma le opposizioni. Dal Pd Emanuele Fiano chiede al governo di riferire in Parlamento, mentre il segretario Maurizio Martina twitta: «Da abrogare è il ministro Fontana. E con lui il governo dell'odio, sempre più pericoloso per gli italiani». Anche Roberto Speranza di Leu chiede le dimissioni dell'esponente leghista, così come l'Anpi: «Chiedo con forza le immediate dimissioni del ministro Fontana: le sue dichiarazioni violano gravemente la Costituzione della Repubblica», dice la presidente Carla Nespolo. Interviene anche la comunità ebraica di Roma: «La legge Mancino è uno strumento necessario per combattere i rigurgiti di fascismo e antisemitismo». E redarguisce: «Se si accetta l'incarico di ministro della Repubblica di questo Paese lo si deve fare coscienti della storia e della responsabilità evitando boutade e provocazioni stupide, soprattutto a ottant'anni dalla promulgazione delle Leggi Razziali sarebbe bene comprendere come combattere le discriminazioni invece che strizzare continuamente l'occhio ai neofascismi».

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