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Da Neruda a Di Maio: addio festa dell'Unità

Basta con intellettuali e artisti, quest'anno ospite d'onore sarà il grillino

Massimiliano Lenzi
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Ella fu. Chi, come chi scrive, è cresciuto in Toscana, terra un tempo rossa e comunista parecchio, dal sapore ghibellino, sa che le Feste dell'Unità in Italia, hanno rappresentato un momento di identità, di politica e di confronto nel nostro Paese per decenni, comunque la si pensasse. Con tanto di grandi nomi che nel tempo hanno calcato quei raduni, da Pablo Neruda a Roberto Benigni, per citarne soltanto un paio come antipasto. Oggi che, stando ad alcuni indiscrezioni, trapela che l'evento clou della Festa nazionale dell'Unità di Ravenna - anno 2018 - potrebbe essere nientemeno che il Ministro e vicepremier 5 Stelle Luigi Di Maio come ospite, la prima reazione è manzoniana: ella (la festa dell'Unità) fu. Un po' forse come la sinistra e il suo mondo culturale, una volta eclettici e oggi conformisti. In fondo le feste erano appuntamenti che esaltavano, in una grande riunione, popolare, l'alto e il basso, le cene con grigliate e le poesie. Senza nessuna puzza sotto il naso, ma semmai con un goloso odore di barbecue. Un mondo scomparso perché se l'evento principale della Festa dell'Unità sarà davvero Di Maio beh, o i 5 Stelle inviteranno come guest star nelle loro future giornate di Ivrea Matteo Renzi oppure niente. Solo il tramonto. Per dare l'idea di quanto fossero centrali nel racconto del Paese queste Feste tra il secolo scorso e l'inizio del nuovo millennio, alcuni dettagli ma di sostanza. Il cinema, vero romanzo popolare da sempre di questa nostra cara Italia, le ha raccontate svariate volte, da «Prima della rivoluzione» (1964) di Bernardo Bertolucci a «Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca» (1970) di Ettore Scola, passando per «La patata bollente» (1979) di Steno, solo per citare alcuni titoli. E degli ospiti, ne vogliamo parlare degli ospiti? Chiudiamo gli occhi e... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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