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Barcone con 450 migranti in acque italiane, Salvini: "Qui non deve venire"

Matteo Salvini

Silvia Sfregola
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Altro barcone, nuovo scontro. Dopo la guerra aperta alle Ong, nel Mediterraneo tornano i barconi della speranza. Questa volta ci sono anche minori con necessità urgente di assistenza tra i 450 disperati a bordo di quello che naviga in acque italiane, in direzione di Lampedusa. È partito dalla Libia, si pensa da Zuara. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, spranga le porte pochi minuti dopo aver ricevuto la segnalazione, quando il mezzo è ancora in acque maltesi. È una barca di legno, che sembra essere una nuova tendenza adottata dai trafficanti di persone in Libia, in risposta all'arresto dei soccorsi in mare da parte delle Organizzazioni non governative. Sono "clandestini", taglia corto il vicepremier, promettendo di non mollare il campo di battaglia. Ce l'ha con Malta, che non si è mossa nonostante l'sos: "Sappiano Malta, gli scafisti e i buonisti di tutta Italia e di tutto il mondo che questo barcone in un porto italiano non può e non deve arrivare. Abbiamo già dato, ci siamo capiti?". La Valletta si difende, dicendo di essere stata contattata quando l'imbarcazione era a circa 53 miglia nautiche da Lampedusa e 110 miglia nautiche da Malta. Contattati, i migranti hanno espresso l'intenzione di procedere verso Lampedusa. Tutti gli obblighi previsti dalle convenzioni internazionali applicabili sul coordinamento degli eventi di ricerca e soccorso, per Malta, "sono stati soddisfatti". Salvini trova sponda nella Farnesina, che sollecita le autorità della Repubblica di Malta a ottemperare alle proprie responsabilità "con la massima urgenza": "È essenziale che il porto di sbarco sia identificato sul territorio maltese". E anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, richiama La Valletta: "Deve inviare proprie navi e aprire il porto", afferma, assicurando l'intervento della nostra Guardia Costiera in supporto. Malta però "faccia subito il suo dovere".

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