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Salvini: "Togliere la scorta a Saviano". La replica: "Buffone"

Scontro aperto tra il ministro dell'Interno e lo scrittore

Carlo Antini
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Scontro aperto tra il ministro dell'Interno e lo scrittore Roberto Saviano. A dare fuoco alla miccia è stato Matteo Salvini che annuncia l'intenzione di verificare se ci siano ancora le condizioni per mantenere la scorta all'autore di Gomorra. Roberto Saviano è infatti sotto scorta dal 13 ottobre del 2006, quando iniziano le minacce di morte da parte dei camorristi del clan dei casalesi, denunciati da lui in un esposto e durante una manifestazione per la legalità a Casal di Principe. Minacce proseguite dopo la pubblicazione di "Gomorra". «Saranno le istituzioni competenti a valutare se corra qualche rischio, perché mi pare che passi molto tempo all'estero. Valuteranno come si spendono i soldi degli italiani», sono le parole del responsabile dell'Interno, oggi alla periferia di Roma a visitare un immobile confiscato ai Casamonica. La replica di Saviano arriva a stretto giro con un video postato dallo scrittore su Facebook: «E secondo te, Salvini, io sono felice di vivere così da 11 anni? Da più di 11 anni. Ho la scorta da quando ho 26 anni, ma pensi di minacciarmi, di intimidirmi? In questi anni sono stato sotto una pressione enorme, la pressione del clan dei Casalesi, la pressione dei narcos messicani. Ho più paura a vivere così che a morire così. E quindi credi che io possa avere paura di te? Buffone». Ma non finisce qui. Saviano, prendendo in prestito una definizione dello storico, politico e antifascista Gaetano Salvemini definisce Salvini il «ministro della malavita» e spiega: «Sono felice di essere sommato tra gli ultimi che odia e su cui fa propaganda politica. Teatro, senza dare alcuna vera risposta. Salvini oggi è definibile "ministro della malavita"». E accusa il ministro di non ricordare «i legami tra Lega Nord e 'ndrangheta, del riciclaggio, dei soldi, tramite mediazione di 'Ndrangheta, della Lega». Passano le ore e nello scontro tra Salvini e Saviano si inserisce il presidente della Repubblica di Francia, Emmanuele Macron. Il tema è quello dei migranti. Macron, in una intervista a Le Figarò, attacca i populisti definendoli «lebbra dell'Europa». Il governo sarà protagonista, con il presidente del Consiglio Luigi Conte, di un vertice ristretto che precederà, domenica, il Consiglio Europeo del 28-29 giugno. Nonostante questo è Luigi Di Maio a sentirsi tirato in causa. Il ministro dello Sviluppo e del Lavoro attacca: «La vera lebbra è l'ipocrisia di chi respinge gli immigrati a Ventimiglia e vuole farci la morale sul diritto sacrosanto di chiedere una equa ripartizione dei migranti. La solidarietà o è europea o non è». Poco dopo interviene anche Salvini che affida la controreplica a Saviano e Macron ad un Tweet: «Gli insulti dei chiacchieroni Macron e Saviano non mi toccano, mi fanno forza. Mentre loro parlano, io oggi sto lavorando per bloccare il traffico di clandestini nel Mediterraneo e per restituire agli Italiani le ville sequestrate ai mafiosi. C'è chi parla, c'è chi fa. Bacioni». Intanto, al fianco di Saviano si schiera il Partito Democratico: il capogruppo alla camera, Graziano Delrio, si dice pronto a rinunciare alla sua di scorta, pur di lasciarla allo scrittore. Il vice presidente della Camera, Ettore Rosato, sottolinea la gravità delle parole di Salvini definendo il ministro «arrogante» e accusandolo di utilizzare il ministero per fare propaganda. «Un uomo coraggioso racconta e denuncia la mafia. La mafia reagisce minacciando. Il ministro dell'Interno attacca la persona minacciata e lo definisce "un chiacchierone". Chi oggi, vedendo questo triste spettacolo, troverebbe il coraggio di sfidare la mafia?», dice il presidente del Pd, Matteo Orfini.

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