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"Non sono manettaro". Il ministro Bonafede smentito da se stesso

Il Guardasigilli si dice garantista. Ma non regge

Luca Rocca
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«Io un manettaro? Chi lo dice non conosce la mia storia professionale e politica. Per 5 anni ho lavorato come vicepresidente della commissione Giustizia nel senso opposto». A tentare di sgombrare il campo dall'accusa di essere il perfetto giustizialista è stato ieri, rispondendo ai cronisti in Transatlantico a Montecitorio, il neo ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che nei giorni scorsi (ma il Guardasigilli ha seccamente smentito) avrebbe telefonato, per qualche consiglio, all'ex pm simbolo di Mani Pulite, Piercamillo Davigo, attualmente presidente di sezione della Cassazione, e pensato di assoldare al ministero Nino Di Matteo, oggi alla Direzione nazionale antimafia, le cui posizioni non possono di certo essere annoverate fra le idee garantiste. Per Bonafede, però, l'accusa di essere un manettaro è «totalmente campata per aria». Eppure, a mo' di esempio, è proprio lui ad aver sostenuto, il 2 giugno del 2017, che sì, la separazione dei poteri sarà pure giusta, ma che «i magistrati vanno ascoltati» per «scrivere le leggi in maniera corretta», visto che «gli altri fanno solo leggi svuotacarceri». Ed è stato sempre Bonafede, il 29 settembre dello stesso anno, ad aver affermato che il loro codice etico è chiaro, e che in caso di condanna, anche in primo grado, è prevista «la sospensione» del condannato. Difficile, poi, non... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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