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Mattarella lancia il "governo neutrale". Ma Salvini e Di Maio già lo affondano

Il presidente della Repubblica Mattarella

L'intervento del presidente della Repubblica dopo il terzo giro di consultazioni. I partiti dicono no e fanno precipitare il Paese verso il voto anticipato

Silvia Sfregola
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Sul Colle sventola la bandiera di un governo neutrale in grado di reggere le sorti del Paese. Una sorta di esecutivo d'Atlante che si faccia carico per pochi mesi, e comunque non oltre dicembre, delle emergenze di un'Italia sull'orlo di una crisi politica che rischia di diventare istituzionale. È un appello accorato ed estremo, tutt'altro che un ultimatum, se non altro per il tono mite e allo stesso tempo drammatico, quello rivolto alle forze politiche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un esecutivo "neutrale" ovvero a "servizio" del Paese, perché "non vi è alcuna possibilità di formare una maggioranza nata da un accordo politico". Il Capo dello Stato mette una pietra sopra a un governo nato dalle urne del 4 marzo e, dopo il terzo giro di consultazioni al Quirinale, elenca la lunga lista di fallimenti che si è susseguita in questi 64 giorni. Anche stavolta Mattarella ha dovuto constatare, con amarezza e un certo fastidio, che "tutte queste indisponibilità mi sono state confermate". L'inquilino del Colle, anche durante gli ultimi colloqui, richiama il senso di responsabilità delle forze politiche, privilegiando sicuramente l'intesa tra i maggiori attori in campo, chiusi nella logica dei veti e dei pregiudizi, tra tatticismi e un bisogno a volte esasperato di soddisfare il proprio ego. Piuttosto che un governo di minoranza - che condurrebbe alle elezioni comunque - l'inquilino del Colle ritiene "più rispettoso della logica democratica che a portare alle elezioni sia un governo non di parte", quindi neutrale e di servizio, che concluda la sua attività a dicembre, "approvata la manovra finanziaria per andare subito dopo a nuove elezioni". Mattarella lancia il suo appello ai partiti. Il timone di questa crisi è comunque sempre nelle loro mani, che sono espressione della volontà del popolo. Il presidente della Repubblica, infatti, non esclude la formazione di una maggioranza politica anche durante un esecutivo di tregua, che dovrebbe quindi dimettersi "per lasciare campo libero a un governo politico". Poi lancia la palla del voto anticipato ai leader qualora la squadra del presidente non avesse la fiducia del Parlamento. Il ritorno alle urne potrebbe materializzarsi in estate (la data più accreditata è quella del 22 luglio), oppure in ottobre. Il capo dello Stato però evidenzia con minuzia le controindicazioni: le urne in piena estate "renderebbero difficile l'esercizio del voto agli elettori", mentre per quanto riguarda l'ipotesi autunnale Mattarella non nasconde le sue preoccupazioni, cioè "che non vi sia, dopo il voto, il tempo per elaborare e approvare la manovra finanziaria e il bilancio dello Stato per il prossimo anno". Con il conseguente e inevitabile aumento dell'Iva, gli effetti recessivi che provocherebbe, oltre ad esporre "la nostra situazione economica a manovre e a offensive della speculazione finanziaria sui mercati internazionali". Il capo dello Stato chiude a ulteriori "giochini" di palazzo, conscio del fatto che la politica italiana si sente già in campagna elettorale. È per questo che, aldilà delle dichiarazioni "passionali", offre l'ultima possibilità per mettere in sicurezza il Paese, ma avverte: le conseguenze dell'eventuale bocciatura dell'esecutivo provvisorio sarebbero solo ed esclusivamente imputabili alle decisioni dei partiti. Nelle prossime 48 ore salirà il sipario sul nome dell'incaricato (o dell'incaricata) e sulla lista dei ministri a cui il capo dello Stato sta lavorando da giorni. Una nuova notte della Repubblica che carica di responsabilità e richiede grandi doti di esperienza e di saggezza politica per il Presidente del Consiglio al quale sarà affidata la guida del nuovo governo che sarà varato dal Quirinale nelle prossime ore. Dall'economista e giurista Sabino Cassese, a illustri nomi della Corte Costituzionale, come Marta Cartabia e Giuseppe Tesauro, a esperti internazionali di economia e finanza, come Lucrezia Reichlin, fra i possibili nomi per Palazzo Chigi figurerebbe anche quello del Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. Una scelta che mai come questa volta, nei settanta e più anni della Repubblica, sarà essenziale e decisiva per trasformare in una opportunità innovativa lo stallo politico che rischia di far implodere le istituzioni.

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