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Di Maio: "Al voto". Vuol dire che lascia?

Giggino se la prende col Pd e propone alla Lega le urne a giugno. Ma per lui sarebbe la terza elezione. E - da regolamento M5S - andrebbe a casa

Dario Martini
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Luigi Di Maio c'è rimasto male. Avrebbe voluto governare col Pd (contro cui fino a qualche mese fa diceva peste e corna) . Adesso che Renzi gli ha detto chiaramente che se lo può scordare, il capo grillino indica una nuova strada: «A questo punto per me non c'è altra soluzione: bisogna tornare al voto prima possibile». E vede già la sua cavalcata trionfale verso la vittoria. Forse, però, dimentica un piccolo problema. Il regolamento dei 5 Stelle gli vieta di riproporre la sua candidatura. Nel MoVimento, infatti, vige la regola del «doppio mandato». La seconda legislatura deve anche essere l'ultima. Certo, si sa, le norme - anche quelle auto imposte - sono fatte per essere cambiate. Ciò che fino al giorno prima era «sacrosanto» (parole di Di Maio) il giorno dopo può diventare superfluo. La scialuppa di salvataggio, in realtà, è già pronta. Tutti i grillini che come Di Maio sono alla seconda legislatura possono stare tranquilli. Nel caso in cui si andasse al voto entro pochi mesi i vertici del MoVimento sono propensi ad approvare una deroga ad hoc affinché si possano ripresentare tutti coloro che erano in lista il 4 marzo. Ecco perché i 331 parlamentari pentastellati (109 senatori e 222 deputati) non temono di andare ad elezioni anticipate. Di Maio ha spiegato il suo strappo... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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