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Governo, resta il veto su Berlusconi. Di Maio: "Sì alla Lega, no a Forza Italia"

Da sinistra Meloni, Salvini e Berlusconi

Secondo giro al Colle, la crisi in Siria preoccupa Mattarella. E il Pd attacca: "Chi ha vinto smetta coi balletti e dica se governa"

Silvia Sfregola
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Un Martina con guizzo finale, un Berlusconi che si riprende con prepotenza la scena e un Di Maio uguale a se stesso. Il secondo round delle consultazioni non ha portato certo la svolta, ma ha visto sfilare facce più cupe rispetto alla prima tornata al Quirinale. Certo un po' pesa la crisi siriana, che ha fatto prepotentemente irruzione in questi colloqui con il presidente Mattarella, ma quel che più influisce è il passare del tempo che non dà soluzioni ma che, quando non ingarbuglia, frena e pone tutti in un pantano. L'unica vera novità che ha anche rivitalizzato i giornalisti assonnati dietro le panche è stato Silvio Berlusconi che da buon matador si è ripreso la scena. Dopo aver definito "leader del centrodestra" Salvini, gli ha dato l'incarico da speaker facedogli leggere "un comunicato congiunto che abbiamo scritto con fatica".  Ma quando sia il leader del Carroccio che Giorgia Meloni stavano già guadagnando l'uscita della Loggia d'onore, eludendo le domande dei gironalisti, ecco il grande colpo di teatro: la stoccata contro il Movimento Cinque Stelle pronunciata acciuffando i microfoni con la mano destra. Rimane da solo sulla scena con alle spalle le bandiere e affonda: "Mi raccomando fate i bravi. Sappiate distinguere fra i veri democratici e chi non conosce nemmeno l'abc della democrazia". In pochi secondi frena il precario equilibrio del centrodestra e sale l'adrenalina dei cronisti. Prima di lui il rassicurante Martina, che non pronuncia più la parola "opposizione", si lancia in una sorta di disponibilità a rientrare in gioco, non certo però per un governo con i 5 Stelle. E  conserva la stoccata finale contro Salvini e Di Maio vestendo il panni dell'accusatore. Al primo attribuisce il progetto di voler "ribaltare" il quadro delle alleanze internazionali sulla crisi siriana. Al secondo rimprovera il "balletto di personalismi, tatticismi, polemiche". Parla di "veti e tira e molla, tanto più insopportabili se sostengono di aver vinto". Il reggente del Pd fa riferimento al "doppio binario". "litigano e allo stesso tempo si spartiscono tutti gli incarichi parlamentari non lasciando spazio ad una nostra corresponsabilità, il che è inaccettabile". Infine arriva Luigi Di Maio con il suo sorriso e la sua cravatta di sempre, ma il tempo eccessivo che passa tra la fine del colloquio con Mattarella e l'uscita davanti ai giornalisti fa capire che c'è qualcosa che non va. E quello che non va è che il Movimento 5 Stelle non ha davvero digerito "la battutaccia" del Cavaliere. Il leader M5S tiene il punto e torna a pronunciare un netto no a Silvio Berlusconi e a Forza Italia. Convinto che "il centrodestra unito non reggerà nemmeno tre giorni". Quindi, la "linea è quella di aspettare", pur nella consapevolezza che non si può perdere altro tempo anche a causa dell'aggravarsi della crisi in Siria che rende urgente la nascita di un governo. In ogni caso i contatti tra Di Maio e il leader della Lega Matteo Salvini non si sarebbero mai interrotti e sarebbero continuati anche oggi. Il Cavaliere - è il duro diktat del capo politico M5S - deve fare un "passo di lato" per consentire la partenza di un "governo del cambiamento", la nascita di un esecutivo 5 Stelle-Lega.

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