Nessuna intesa M5S-Lega. Scintille tra Di Maio e Salvini
Attacchi tra il leader del Carroccio e quello dei grillini
Non sta dando i frutti sperati, almeno per il momento, la «pausa di riflessione» voluta dal presidente della Repubblica all'interno del percorso per arrivare a una maggioranza parlamentare. Se le distanze tra le parti politiche apparivano importanti al termine della settimana scorsa, nel weekend sembrano essersi fatte incolmabili fino ad arrivare allo scontro vero e proprio, con Matteo Salvini a fissare al 51% le possibilità di un accordo centrodestra-M5S, e Di Maio a ribattere che «ci sono 0 possibilità» che i pentastellati partecipino ad un esecutivo con Silvio Berlusconi. L'ultima parola, al momento, è di Salvini: «Di Maio, in questo momento, mi interessa meno che zero». E tra tanti numeri, a mancare sono proprio quelli che consentirebbero di dar vita a un nuovo esecutivo. Tanto che all'ipotesi di un premier terzo rispetto a Salvini o Di Maio, il numero uno della Lega ribatte: «terzo, quarto, quinto o dodicesimo. Ma chi lo vota? I voti in Parlamento da dove arrivano? Dal centrodestra e dal Cinque Stelle, immagino. Sempre che il M5S voglia ragionare seriamente. Se la risposta è no, i numeri sono numeri e si ritorna al voto». Ma la matematica applicata alla politica non sempre porta al risultato che ci si attende e l'ipotesi di un ritorno alle urne in tempi brevi risulta essere la meno gradita al Colle. A completare un quadro già complicato c'è poi il confronto interno al centrodestra: il «caffè di Arcore» tra Giorgia Maloni, Silvio Berlusconi e lo stesso Salvini, anziché fare chiarezza sulla strategia della coalizione, ha prodotto nuove frizioni. Il leader del Carroccio si è detto infatti «non disponibile» a un mandato esplorativo per raccogliere i voti in Parlamento: «Non mi metto a cercare voti come si cercano i funghi», le parole utilizzate da Salvini. E nessuna sponda viene offerta da un Partito Democratico che appare deciso a proseguire sulla strada dell'opposizione dura e pura. Fonti del parlamentari, infatti, riferiscono che sarà ancora questa la linea che la maggioranza del partito porterà alla riunione dei gruppi parlamentari. La minoranza guidata da Andrea Orlando si dovrebbe fare portatrice, assieme al ministro Dario Franceschini, di un ulteriore tentativo di cambiare la linea uscita dalla direzione del 12 marzo, «alla luce del mutato quadro politico». Fonti renziane sottolineano, tuttavia, che «i gruppi non possono modificare la linea della direzione». Dunque, concludono, «non ci sono margini per avviare un dialogo con M5S», ma nemmeno con Lega e Forza Italia: «Non si tratta di essere oltranzisti o meno, ma di distanze politico-culturali». Una linea ribadita dal capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio: «Non c'è nessuna possibilità di un governo M5S-Pd. Le distanze sono talmente tante e profonde che sarebbe difficile immaginare il contrario». Tutto accade sotto gli occhi attenti della comunità internazionale e soprattutto dei mercati, sempre meno tranquilli davanti allo stallo italiano. Tanto che il Financial Times scrive che «l'Italia può difficilmente permettersi una paralisi prolungata» anche se gli operatori «si sentono rassicurati dalla presenza di Mattarella». Ecco perché per il quotidiano della City un'alleanza Lega-M5S, che appariva improbabile prima delle elezioni, «oggi non sarebbe più inconcepibile» per quanto «difficile».