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L'esordio di Ruspandini (FdI) al Senato: "Da Ceccano a Palazzo Madama difenderò la Ciociaria"

Massimo Ruspandini (senatore Fratelli d'Italia)
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Nei paesi della Ciociaria siamo stati abituati ad avere il massimo rispetto della rappresentanza. Le nostre terre schiaccia- te dalle guerre e imbevute nella storia più profonda che inizia ancor prima di Roma ne hanno viste di tutti i colori. La gente si è legata ai personaggi che la facevano la storia per tentare di non subirla. E tante volte l'ha fatta direttamente con i suoi figli dai tempi di Cicerone e Caio Mario passando per papi, statisti, artisti. Noi abbiamo avuto sempre grande vicinanza e dimestichezza con gli eventi che hanno segnato il mondo, da prima che Roma nascesse allo schiaffo di Anagni passando per la battaglia di Montecassino. Anche per questo il mio approccio alla politica è stato sempre coraggioso ma rispettoso. A volte irruento ma sempre consapevole dell'importanza e della sacralità della rappresentanza. Quando ho iniziato da bambino non pensavo nemmeno di diventare consigliere comunale nella roccaforte rossa della bianca Ciociaria, Ceccano. «Cade prima Cuba e dopo Ceccano», can- tavano i dirigenti della sezione del PCI «Oicimin», il fiume del Vietnam dove gli americani prendevano le loro batoste.  Ora qui al Senato il passo è oggettivamente galattico ma posso di- re almeno di poter portare alla mia patria l'esperienza vissuta da rappresentante di classe, d'istituto, da consigliere comunale, da assessore comunale, da consigliere provinciale e da assessore provinciale. Porto dentro le ferite della mia candidatura a sindaco e alla Regione. Per essere presente in queste consultazioni devi imparare a conoscere le persone e a sentire il polso dei bisogni e delle esigenze con- crete della tua gente. Devi capire che bisogna essere sempre a disposizione e imparare a rispondere al telefono. Porto in dote anche la certezza che la gloria è passeggera e che i voti vanno e vengono. I miei piedi tremavano stamattina nell'aula che fu dei grandi della Patria. Il Senato chiama e accoglie oggi un figlio della Ciociaria che non è né sarà mai un raccomandato dei poteri forti o un vincitore della lotteria delle «parlamentarie». Sono qui a rappresentare territori e persone che gioiscono per la mia elezione e amministrazioni e persone che la avrebbero voluta. Di certo dalle mie parti sono conosciuto, come del resto tutti i senatori di Fratelli d'Italia su tutto il territorio nazionale. Non penso che tanti col- leghi possono dire la stessa cosa rispetto ai loro collegi di appartenenza... I senatori rappresentano il popolo italiano e la nazione più bella del mondo con una storia inimitabile. Quando ho visto la sublimi- tà dell'aula e la grandezza dei luoghi, ho pensato che abbiamo un grande compito del quale mi auguro di essere degno. Le liturgie tipiche di una mentalità a cui forse dovrò abituarmi, non cambieranno il mio modo di essere. Votare nella cabina del Senato non è come votare nella cabina elettorale di una scuola di paese. Rappresentare il proprio popolo è il massimo che può capitare ad una persona che viene dalla gavetta. Spero di non deludere nessuno. 

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