Misteri italiani

Infamante l’accusa di aver occultato la verità

Rosario Priore

Ill.mo Presidente, ho avuto modo di leggere quanto è stato scritto sul mio conto nella Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, comunicata alle Presidenze il 7 dicembre 2017. Non senza sconcerto, ho appreso che mi viene contestata la partecipazione - durante gli anni in cui ho svolto le funzioni di Giudice istruttore presso la sezione penale del Tribunale di Roma -  alla “costruzione” di una verità “dicibile” sulla vicenda Moro attraverso la gestione del percorso dissociativo dell’ex brigatista rosso Valerio Morucci. Come noto, l’Ordinamento consente a ciascun parlamentare l’insindacabilità delle proprie affermazioni.  Dunque, mi viene negata a priori la possibilità di ottenere tutela in ambito penale o civile per le asserzioni surrichiamate che ledono gravemente la mia reputazione. Infatti, un magistrato che partecipasse realmente alla “costruzione” di una verità di comodo - anziché contribuire all’accertamento di quella reale, nel rispetto e nei limiti delle norme del codice di procedura penale – sarebbe non solo un uomo privo di onore professionale ma anche l’autore di un gravissimo reato. Potendomi difendere esclusivamente sotto il profilo morale, mi limito a significare – Suo cortese tramite – alcune osservazioni ai membri della Commissione che Lei ha presieduto, firmatari con rare eccezioni della Relazione. L’accusa di aver utilizzato il percorso dissociativo di Morucci, per occultare la parte di verità sul caso Moro che si ritiene “indicibile”, è fondata sul contestuale riconoscimento dell’assenza di vizi nelle dichiarazioni processuali rese dal suddetto imputato. Trovo decisamente curioso il sostrato logico di tali affermazioni. Se una parte della verità sul caso Moro fosse stata volutamente occultata dal sottoscritto attraverso la complicità di Morucci, le acquisizioni processuali riferibili a quest’ultimo sarebbero consequenzialmente e necessariamente viziate. All’esato contrario, nella Relazione si escludono espressamente inquinamenti processuali.  È come se si desse del ladro a qualcuno che al contempo viene riconosciuto come il legittimo acquirente della merce asseritamente rubata Ma è il meno. Nonostante abbia letto attentamente la relazione - ed è accaduto più volte - non sono riuscito a capire quali sarebbero le fonti su cui si basa l’impietoso convincimento circa le mie presunte callide condotte. Documenti? Atti giudiziari? Deposizioni di persone asseritamente al corrente dei fatti che mi riguarderebbero? Ho cercato e ricercato le fonti utilizzate per accusarmi di tanta infamia, senza trovare nulla. E invece, sarebbe buona norma argomentare in qualche modo tali spericolate asserzioni, considerato che esse offendono in modo tanto esplicito quanto incontrastabile la dignità di un cittadino ancorché di un magistrato in congedo. Colpisce altresì che mi sia stato precluso qualsiasi diritto di replica. In data 17 dicembre 2014, sono stato ascoltato in Commissione. Tale audizione avrebbe potuto rappresentare la sede ideale per discutere delle gravi condotte poi attribuitemi nella Relazione. E invece, nessuno dei commissari ha ritenuto opportuno contestarmi l’asserita partecipazione al confezionamento di una verità di comodo. Tale significativo silenzio stride un po’ troppo, anche sotto il profilo strettamente metodologico, con le affermazioni poi riversate nella Relazione, ad attività della Commissione ormai concluse. Lecito chiedersi da dove possano trarre origine accuse che, alla luce di tutte le considerazioni sinora esposte, restano non solo inspiegabili ma anche, soprattutto inspiegate. Vorrei continuare a credere che a nuocermi non sia stata quella concezione dei gravosi uffici di magistrato che continua a rappresentare per me una certezza incrollabile. Una concezione che impone al magistrato di porsi sempre al servizio della legge e di non ravvisare nella giustizia uno strumento utile per la lotta politica. Trovo paradossale, peraltro, che l’infamia di aver occultato la parte di verità scomoda sia stata destinata proprio al sottoscritto, considerato che nel corso degli anni ho formulato molteplici inviti a estendere la ricerca ben oltre i limiti angusti dell’ambito giudiziario. Ciò anche perché le istruttorie dei numerosi processi Moro - non solo quelle condotte dallo scrivente – sono state ovviamente finalizzate all’individuazione dei reati e degli effettivi responsabili. Le prime di esse, peraltro, hanno avuto corso quando le Br erano ancora pienamente e tragicamente operative. L’attività svolta dal sottoscritto e da molti altri colleghi ha contribuito alla disarticolazione delle formazioni terroristiche che hanno infestato il paese nei cosiddetti anni di piombo. Si possono anche sottoporre a critica tali istruttorie - con il senno del poi, magari provando ad allegare alle censure qualche motivazione concreta – ma è profondamente ingiusto instillare nei cittadini il sospetto che siano state condotte in mala fede. A mio modestissimo parere, sarebbe stato più utile - anche se maggiormente impegnativo – provare a illuminare sino in fondo, forti dell’enorme distacco temporale dai fatti e senza scadere nel complottismo becero, il più ampio contesto internazionale nel quale maturò l’omicidio Moro. Possibilmente senza fare sconti a paesi e attori più vicini alla propria storia politica. Resto in attesa di conoscere la verità “indicibile” che avrei contribuito a schermare. Confesso infatti di non averla compresa neppure dopo aver concluso la lettura della Relazione. E a proposito di verità “indicibile”, da vecchio magistrato ormai in congedo sarei curioso di conoscere il contenuto della documentazione del centro-Sismi di Beirut relativa al 1980, anno cruciale della storia tribolata della nostra Repubblica. Mi risulta che i membri della Commissione Moro abbiano potuto prendere visione di tale documentazione che ancora oggi resta non divulgabile e non accessibile a noi comuni cittadini. Se non erro, tuttavia, la Relazione non contiene doglianze sulla permanenza di tale secretazione. Voglia accettare i miei cordiali saluti. Rosario Priore