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Caso Moro, fiasco su Commissione

Anche l'ultimo organismo d'inchiesta di Fioroni non dirada le tante ombre. E resta da chiarire il motivo per cui il governo non ha mai collaborato alle indagini

Manuel Fondato
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Il lavoro dell'ultima Commissione parlamentare d'inchiesta sull'assassinio di Aldo Moro, guidata dall'ex ministro Giuseppe Fioroni, ha certamente tracciato una linea di demarcazione netta con il passato, mettendo finalmente nero su bianco le macroscopiche inefficienze dell'apparato investigativo dello Stato, le commistioni internazionali e gli inconfessabili interessi convergenti di paesi schierati al di qua e al di là della Cortina di ferro. Restano tuttavia ancora alcune ombre, che rischiano di vanificare l'indubbio passo in avanti compiuto. Da un lato la ricerca della verità sembra ancora lontana. L'ultima «bomba» la lancia Panorama, annunciando l'esistenza di un imprendibile fian- cheggiatore delle BR, ribattez- zato (nomen omen) «Defilato» dagli stessi terroristi. L'uomo, indagato dalla Procura di Firenze, ma tutt'ora in libertà, conoscerebbe anche i nascondigli delle armi mai ritrovate dei terroristi. Ai tempi del sequestro Moro agiva in stretto contatto con Barbara Balzerani, l'unica donna presente durante l'agguato di via Fani. In seguito, l'uomo ha partecipato agli ultimi colpi di coda del terrorismo negli Anni 80, gli omicidi di Ezio Tarantelli, Lando Conti e Roberto Ruffilli ed è stato poi protagonista della riorganizzazione delle Nuove brigate rosse, responsabili dell'uccisione dei giuslavoristi Massimo D'Antona e Marco Biagi. Un uomo quindi di enorme pericolosità, che ha attraversa- to tutte le stagioni del brigati- smo rosso. Le famiglie delle vittime, tra cui... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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