I dubbi della Cassazione sul caso Dell'Utri
Le parole del pg della Corte che chiese un altro processo: "Se c'è un imputato deve esserci anche un'imputazione. E qui non si trova"
L'ex senatore Marcello Dell'Utri è in carcere perché condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, un reato che la Corte europea dei diritti umani, esprimendosi sul caso dell'ex numero 2 del Sisde Bruno Contrada, ha considerato inesistente prima del 1994, anno della sua creazione giurisprudenziale. Ma i dubbi sulla vicenda Dell'Utri non riguardano solo l'irretroattività della legge (al fondatore di Forza Italia vengono contestati fatti precedenti al '94), ma anche la natura stessa del concorso esterno. Tanto che il 9 marzo del 2012, quando l'ex senatore era già stato condannato in appello, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Francesco Iacoviello, chiese ed ottenne l'annullamento di quella condanna e un nuovo pro- cesso mettendo sul banco degli imputati il concorso esterno e, di conseguenza, l'intero impianto accusatorio dei pm di Palermo. Nella sua requisitoria, infatti, Iacoviello sottolineò che "nessun imputato deve avere più diritti degli altri, ma nessun imputato deve avere meno diritti degli altri. E nel caso di Dell'Utri non è stato rispettato nemmeno il principio del ragionevole dubbio". Il sostituto procuratore generale della Suprema Corte disse anche che nel processo Dell'Utri "l'accusa non viene descritta, il dolo non è provato, precedenti giurisprudenziali non ce ne sono e non viene mai citata la sentenza Mannino della Cassazione, che è un punto di riferimento imprescindibile in processi del genere". Fu la sentenza sull'ex ministro democristiano, infatti, a fare piazza pulita della insidiosa genericità del concorso esterno, stabilendo che per addebitare quel reato doveva essere dimostrato un consapevole favoreggiamento della mafia, fatti concreti, non una semplice frequentazione. Ecco perché nella... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI