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Legittima difesa, parla Albamonte: "Noi toghe non siamo i colpevoli"

Il presidente dell'Anm: "Non si sentiva il bisogno di una legge così. Aumenta la discrezionalità del giudice e dunque anche il discredito per il suo operato"

Andrea Ossino
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«Il parlamento è sovrano. Noi però possiamo dare un giudizio tecnico: non si nutriva un forte bisogno di questa legge». Eugenio Alba monte, neo presidente dell'Associazione nazionale magistrati, assiste con qualche preoccupazione al dibattito relativo la «legittima difesa». «Questa legge - afferma il magistrato - espone più di prima la persona che si difende alla discrezionalità del giudice con il rischio di creare un' ondata di contestazioni e quindi di discredito per l' operato della magistratura». Attualmente cosa accade a chi uccide nel tentativo di difendersi? «C' è già una normativa articolata. Va premesso che anche le ricostruzioni giornalistiche affermano che da parte dei magistrati spesso c'è un atteggiamento di favore nei confronti di chi si è legittimamente difeso. La legge c'è e funziona. Prevede due capisaldi che rimarrebbero invariati anche con la riforma. Il primo riguarda l'attualità del pericolo: mi posso difendere se il pericolo è attuale. Quindi se l' aggressore si è dato alla fuga non posso sparargli. Poi c'è il principio della proporzionalità. Occorre una corrispondenza tra l' aggressione che rischio di subire e la difesa che metto in atto. Devono essere in gioco dei valori, dei principi e dei diritti equivalenti. Tutto ciò già riposa su principi costituzionali. La considerazione di partenza è una: occorreva mettere mano a una norma sulla legittima difesa dal punto di vista tecnico - giuridico, o si cerca di assecondare gli umori (...) SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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