Senato, Torrisi non lascia ma Renzi nega la crisi
Nessuna crisi di Governo. "Sono parole che non voglio sentire pronunciare", Matteo Renzi sceglie di abbassare i toni il giorno dopo l'elezione di Salvatore Torrisi a presidente della commissione Affari costituzionali. Quanto accaduto in Senato rimane per l'ex premier, un episodio "grave e profondamente antipatico, ma, almeno per questa volta - scherza un parlamentare a lui vicino - evitiamo di contattare le Nazioni unite". All'ex segretario, viene raccontato, forte e chiaro è arrivato il messaggio del Quirinale, che non ha gradito il fatto di essere chiamato in causa per dinamiche strettamente parlamentari e i modi "quasi grillini" utilizzati per farlo. Con una telefonata già nella giornata di ieri, spiegano fonti dem, il Capo dello Stato avrebbe bloccato ogni richiesta ufficiale di incontro da parte del Pd, richiesta che sarebbe stata "irricevibile". Alfano caccia Torrisi La giornata quindi scorre tra continui scambi di accuse tra i partiti che compongono la maggioranza. "Se qualcuno è alla ricerca di pretesti per fare cadere la legislatura lo dica chiaro. Qui nessuno è nato ieri e non ci prestiamo ai giochini", attacca Alfano rivolgendosi al Pd, ribadendo "l'assoluta lealtà" di Ap nella votazione in Senato. "Noi miniamo la stabilità del Governo? Siamo oltre le fake news, siamo al dadaismo", replica Matteo Orfini. Il ministro degli Esteri ammette di aver concesso 24 ore a Torrisi per fare il passo indietro richiesto. Se il senatore centrista deciderà di essere presidente, però, avverte, sarà fuori da Ap. Il diretto interessato non apprezza: "Mi sembra inconcepibile e assolutamente irrituale la sua richiesta. Sono preoccupato per Alfano, manco nel Pci sovietico...", ironizza, decidendo di conservare la poltrona. " Amen - replica Alfano - Ha scelto la sua strada. La nostra è diversa: il senatore Torrisi non rappresenta Ap al vertice della commissione Affari Costituzionali". Scambio accuse Pd-Ap "L'incidente c'è stato e non va sottovalutato - sottolinea l'ex premier - Il Pd non parteciperà a questi giochi da Prima Repubblica ma agli italiani non interessa nulla dell'elezione del presidente della commissione Affari costituzionali, interessano le riforme per far ripartire il Paese". Avanti quindi con la campagna per le primarie, con l'idea di riportare il partito, con le sue competenze e le sue migliori energie, tra la gente. Anche i sondaggi, spiega l'ex segretario ai parlamentari, premiano questo atteggiamento. Una rilevazione Swg mostrata nel corso della riunione vede infatti il Pd di nuovo in testa sul M5S nelle intenzioni di voto. Alla data di oggi il Partito democratico si attesta al 28,1%, superando il Movimento di Beppe Grillo, dato al 27,8%.