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Pd battuto in Senato, governo a rischioL'ira dei renziani: "Ora chiarire"

Da sinistra il premier Paolo Gentiloni e il segretario del Pd Matteo Renzi

Silvia Sfregola
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Maggioranza in fibrillazione e, secondo i parlamentari renziani, sull'orlo della crisi. L'incidente è l'elezione alla presidenza della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama (rimasta vacante da quando Anna Finocchiaro è diventata ministra per i Rapporti con il Parlamento) del senatore di Ap Salvatore Torrisi, a dispetto dell'accordo siglato all'interno della maggioranza sul nome del democratico Giorgio Pagliari. Torrisi, che non era candidato e aveva svolto sin qui l'incarico di reggente, ottiene 16 voti contro gli 11 raccolti dal candidato del Pd. La caccia ai "traditori", coperti dal carattere segreto della votazioni, parte subito. Nel mirino dei dem finiscono subito tanto gli alleati centristi quanto gli ex compagni di strada di Mdp. Anche il "movente" viene dato per scontato. "Oggi sono nate le larghe intese in senato per non fare la legge elettorale. Mdp, Forza Italia, M5S ed i centristi hanno eletto il loro presidente nella commissione affari costituzionali, con l'obiettivo di consegnare l'Italia al proporzionale", tuona Andrea Marcucci. L'ira dei renziani È un "fatto molto grave dal punto di vista politico, un tradimento della corretta modalità di stare insieme, siamo preoccupati", commenta a caldo Lorenzo Guerini. "L'ira" per quanto accaduto coinvolge "tutto il Pd, da Renzi in giù - spiegano i renziani - è una ferita che va a intaccare gli equilibri della maggioranza di Governo". Dopo alcune telefonate "bollenti" i vertici dem chiedono un un incontro "chiarificatore" a Paolo Gentiloni e a Sergio Mattarella, anche se il Capo dello Stato non ha ancora ricevuto una richiesta ufficiale. Mentre i senatori si rimbalzano la responsabilità ("il Pd invece di puntare il dito guardi in casa propria", accusano gli scissionisti dem; "noi abbiamo rispettato il patto di maggioranza votando Pagliari", spergiurano i centristi) e dentro la maggioranza sempre più forti si fanno le pressioni sul neopresidente perché faccia un passo indietro, insistenti crescono le voci di una crisi di Governo. Non la esclude, ma spera non si arrivi a tanto il ministro della Giustizia Andrea Orlando: "È un fatto grave da non minimizzare - dice - ma spero che questa prospettiva si eviti". Governo in bilico L'affare passa quindi ai piani alti di palazzo Chigi. Gentiloni sente il leader di Ap Angelino Alfano che informa il premier della volontà di chiedere le dimissioni del senatore centrista. "Le modalità della elezione del collega Torrisi, espressione in larga misura del voto delle opposizioni, ci inducono a chiedere all'interessato la rinuncia all'incarico", mette nero su bianco, poco dopo, in una nota il ministro degli Esteri. In serata Lorenzo Guerini e Matteo Orfini varcano la soglia di palazzo Chigi e manifestano al presidente del Consiglio "la preoccupazione e la gravità" di quanto accaduto. "C'è una ferita che dobbiamo tentare di sanare perché arriva all'interno della maggioranza di Governo alla quale abbiamo sempre garantito lealtà e ci aspettiamo una lealtà che oggi non c'è stata", tuona Orfini lasciando la sede del Governo. Gentiloni condivide la preoccupazione espressa dai parlamentari dem e assicura da parte sua "l'impegno per contribuire al rafforzamento della coesione della maggioranza". Intanto, le riunioni tra i centristi a palazzo Madama si susseguono. Torrisi, spiegano fonti Ap, prenderà oggi la decisione sul da farsi. "Ap ha rispettato l'accordo - viene ribadito fino a sera - alla maggioranza mancano 5 voti su 16, il problema è il Pd, hanno almeno due 'franchi tiratori' dentro casa".

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