Riforma del processo penale: ok del Senato alla fiducia
Il Senato ha approvato con 156 voti a favore, 121 contrari e un astenuto il ddl di riforma del processo penale. Il provvedimento torna ora all'esame della Camera. La riforma del processo penale era stata approvata a Montecitorio nel settembre 2015 e in commissione Giustizia del Senato il 1 agosto dell'anno dopo. Tra le novità c'è riforma della prescrizione, la delega sulle intercettazioni e una stretta sui furti. È previsto l'aumento delle pene per furti e rapine. Fra le norme del ddl: l'inasprimento delle sanzioni per il voto di scambio politico-mafioso, che viene punito con il carcere da sei a dodici anni (attualmente è da 4 a 10 anni), l'aumento delle pene per il furto in abitazione, lo scippo e la rapina (da 4 a 10 anni), per l'estorsione aggravata (da 6 a 7 anni). Quanto alla prescrizione, per alcuni reati in danno dei minori, essa decorre dal compimento della maggiore età della vittima (salvo che la notizia del reato sia precedente al compimento dei 18 anni). Il provvedimento dispone inoltre che l'interruzione della prescrizione non può comportare l'aumento di più della metà del tempo necessario a prescrivere anche per i reati di corruzione, concussione, peculato. C'è, però, una disposizione, risultata "indigesta" all'Associazione nazionale magistrati, che dà un massimo di tre mesi alle procure (prorogabili di altri 3) per chiedere il rinvio a giudizio o il proscioglimento dell'indagato, al termine delle indagini preliminari. Se tale limite viene ignorato, interviene l'avocazione da parte del procuratore generale (ma per reati di mafia e terrorismo il tempo è dilatato fino a un anno). Sul fronte delle intercettazioni, la delega riguarda, oltre alle misure per garantire la riservatezza, una fattispecie di reato legata alla diffusione di immagini o conversazioni telefoniche fraudolentemente captate. Viene disciplinato, inoltre, l'uso dei cosiddetti 'trojan', stabilendo che l'attivazione avvenga con comando attivato da remoto e non con il solo inserimento del 'captatorè informatico. Infine, non possano essere in alcun modo conoscibili, divulgabili e pubblicabili i risultati di intercettazioni che abbiano coinvolto occasionalmente soggetti estranei ai fatti per cui si procede. Il governo, con l'ultimo emendamento presentato, punta alla riduzione del 50% del budget per le intercettazioni con il presupposto che sulla base delle nuove tecnologie disponibili non diminuirà il numero degli ascolti. Punito fino a 4 anni chi diffonde registrazioni di conversazioni tra privati captate fraudolentemente al solo fine di infangarne la reputazione. Non c'è punibilità è esclusa se le registrazioni integrano una prova in un processo o sono usate per la difesa o per il diritto di cronaca.