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Pd, al Lingotto è il giorno dei ministri. Martina: "Non si torna indietro"

Il ministro Maurizio Martina

Silvia Sfregola
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Il nuovo Pd nato dal ticket Renzi-Martina prende forma: "Lavoro collettivo, appartenenza comune, popolo e cura delle persone" le parole chiave della generazione Lingotto. La sfida, "rivendicare il domani", consapevoli che una stagione si è conclusa. La presa di coscienza è arrivata paradossalmente dalla sconfitta del 4 dicembre. Dieci anni dopo l'inizio con Walter Veltroni, "siamo qui perché vogliamo essere all'altezza di quella prospettiva", dice il ministro Maurizio Martina a cui è affidato l'intervento clou della seconda giornata di lavoro della kermesse renziana. Tanti gli applausi, l'ex Ds scalda i cuori almeno quanto ieri l'ex sindaco di Firenze con radici nella Margherita: segno che il Partito democratico da qualche parte ha attecchito. Oltre alla sfilza di ministri che prende la parola sul palco, oggi è il momento della generazione di quarantenni che si vuole riprendere il partito dopo il trauma della scissione. Qui si intravvede lo scheletro di una nuova classe dirigente giovane, ma che non è alla prima esperienza politica. Sono sindaci, presidenti di regione e di provincia. La squadra che si presenta con la mozione Renzi è composta da Maurizio Martina, Matteo Ricci, Giuseppe Falcomatà, Dario Nardella, Andrea Rossi, Andrea Gnassi, Stefano Bonaccini, Bussolati. Il passaggio dall'io al noi sta tutto qui: non l'uomo solo al comando, ma una squadra con un allineamento più a sinistra. In questo senso la scelta di ripartire dall'ex città operaia Torino, le citazioni di Gramsci e dei fratelli Cervi fatte da Martina e il concetto gramsciano di 'egemonia culturale', richiamato da Renzi e Chiamparino. "Noi - sottolinea il ministro - siamo oltre la fusione a freddo, oltre il partito che torna ad avere il trattino". Il tema non sono "le vecchie provenienze", ma "la nuova appartenenza comune". Il timore, non espresso, è che quel progetto nato dieci anni fa nell'ex fabbrica torinese possa morire o trasformarsi irrimediabilmente dopo la scissione. "Non vogliamo riavvolgere il nastro della storia, vogliamo portare a termine il progetto del Partito Democratico": Martina indica la direzione. Non ci rassegniamo a un ritorno fuori tempo massimo alle antiche case madri", dice il trentottenne. Nessuna intenzione di tornare indietro, ma la volontà di "guardare avanti". Lo ripetono entrambi, come un mantra. È il "popolo democratico" quello a cui punta il candidato segretario, quel popolo che si è diviso con l'addio di Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza. L'orizzonte sono le primarie del 30 aprile. Per questo è necessario "far crescere dal basso la proposta democratica di fronte al dilagare dell'antipolitica". E le proposte partono dalla tassazione sulle transazioni finanziarie vale a dire una tassa dello 0,05% che verrebbe applicata a tutte le transazioni sui mercati finanziari. Martina delinea poi i tratti del "Partito del Paese" che si è attirato le critiche del senatore Vannino Chiti e chiarisce: "Il Pd oggi non è solo nostro, non è solo degli iscritti e degli elettori, il Pd è un patrimonio del Paese e bisogna esserne consapevoli, anche fuori di qui".

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